Scheda 14

LA VICENDA EMBLEMATICA DEI DOCKLANDS DI LONDRA

Domenico Cecchini

 

  La vicenda dei Docklands mi sembra una notevolissima metafora di fenomeni e mutamenti ancor più ampi, caso paradigmatico delle trasformazionì urbane indotte dalla terza rivoluzione industriale.

Vicenda interessante per almeno due ordini di motivi: nella sua singolarità, perché riguarda una porzione rilevante e significativa del territorio metropolitano europeo, ed è quindi di per sé vicenda cui prestare la massima attenzione; nella sua generalità perchè racchiude, in forma spesso esasperata, sempre chiarissima e radicale, soggetti, poteri, interazíoni e conflitti che ritroviamo ovunque la attuale rivoluzione tecnologica abbia prodotto effetti rimarchevoli nelle trasformazioni delle città.

La totale ristrutturazione, fisica e funzionale, del territorio urbano lungo le sponde del Tamigi, dalla Torre di Londra ad est fino a Beckton, ha come sfondo la crisi delle funzioni portuali dell'area londinese e la drammatica riconversione dell'intera base economica metropolitana. Sulla scena, che si è aperta venti anni fa ed oggi è affollata da una miriade di personaggi in piena attività, compaiono tutti gli attori della trasformazione urbana: indossano maschere e compiono gesti espliciti, se non addirittura enfatici ed esagerati, quasi volessero rendere i propri comportamenti, sotto la luce di riflettori continentali, chiari ed indicativi per tutti. Una vicenda, uno spettacolo, che non può non essere anche una lezione.

E' questa esplicita drammaticità che mi ha indotto ad organizzare i materiali raccolti [1] come se dovessero costituire il canovaccio di una rappresentazione teatrale, non saprei se tragica, comica o da commedia dell'arte. Certo è che se la píèce dovesse mai esser scritta o rappresentata, protagonista dovrebbe, esseme la Città: fra qualche decina d'anni quasi nessuno ricorderà i nomi degli attori, i loro costumi, i loro ruoli: la stessa regía sarà forse dimenticata. Tutti, invece, potranno godere o patire delle scene, delle quinte e dei luoghi in cui lei, la Città, si sarà trasformata.

 

PROLOGO: La costruzione dei Docks'  

All'inizio del '700 vivevano a Londra oltre 600mila persone, 20 volte di più che in qualsiasi altra grande città inglese. Per il suo porto passavano 7 tonnellate di merci per ogni 10 scambiate tra l'Inghilterra e il resto del mondo; a queste si aggiungevano quantità ancor maggiori di derrate trasportate lungo la costa e i fiurni, come il Trent o la Gret Ouse, resi navigabili ben oltre i limiti naturali: Londra, e il suo porto, si apprestavano a giocare un ruolo decisivo nella prima rivoluzione industriale.

Alla fine del secolo oltre 10.000 vascelli per il cabotaggio e circa 3.500 per il traffico internazíonale attraccavano ogni anno nel porto: la congestione lungo il fiume raggiungeva livelli elevatissimi tra luglio e novembre, quando si concentravano arrivi e parienze delle navi per le Indie Occidentali ed ogni gíorno oltre 3400 chiatte erano impegnate nelle operazioni di carico e scarico (v. fig. 1). I tempi di attesa delle merci sulle banchine, si facevano sempre più lunghi e ciò moltiplicava le occasioni di furto [2] .

Da almeno 20 anni le Compagnie dei Mercanti premevano per una estensione dei legal quays [3] che li adeguasse alla crescente dimensione dei traffici e delle quantità di merci imbarcate e sbarcate ogni giorno lungo il Tamigi [4] . Ma solo negli ultimi anni del secolo le loro proposte divengono precise e irrinunciabili. Le potenti Compagnie non sono più disposte a pagare i noli e i pedaggi imposti dai proprietari delle aree portuali e gli elevati costi di trasporto delle merci a depositi troppo lontani. Mancanza di spazio, ritardi e intralci provocati

dalla congestione ostacolano l'espansione delle attività. Aumentano anche le perdite causate da un vero e proprio esercito river pirates [5] , che approfittano dello scarso controllo e delle grandi quantità di merci accumulate anche all'aperto, e con metodi ingegnosi danno vita ad una vera e propria economia illegale ai danni delle Compagnie [6] . Queste ultime intensificano la pressione nei confronti del Parlamento, perché siano approvati programmi di intervento.

  Nel 1793 la West India Company e un gruppo di Mercanti nord americani ed europei formulano due proposte, veri e propri piani (v. fig. 2), per la realizzazione di nuovi Docks: non più destinati alla costruzione e riparazione di navi, ma alle operazioni di carico e scarico, alle funzioni amministrative e doganali, alle attività di magazzino. I piani indicano la localizzazione dei nuovi Docks: entrambi sulla riva settentrionale, a Wapping e nella Isle of Dogs [7] , in aree libere prossime alla City, dalla quale le Compagnie gestiscono su scala mondiale i propri traffici [8] . Ne definiscono la tipologia e le dimensioni: ogni Dock è articolato in due bacini, uno per le merci di importazione, l'altro per le merci di esportazione; è circondato da mura massicce e di notevole altezza, talvolta anche da fossati [9] , e pattugliato da un corpo privato di polizia; è dotato di edifici di grandi dimensioni per il deposito e lo stoccaggio, sufficientemente solidi e sicuri per resistere alla erosione delle acque, ai tentativi di furto, e per conservare merci anche di elevato valore, la cui distribuzione nei diversi Docks è regolata con precisione. 1 piani, infine, definiscono i soggetti e le modalità di gestione. le opere saranno realizzate direttamente dalle Compagnie esistenti (Isle of Dogs) o da Compagnie appositamente istituite (Wapping) che, formulato il piano, ne chiedono l'approvazione da parte del Parlamento, si assumono gli oneri di realizzazione e gestiscono gli impianti secondo statuti da approvare contestualmente ai piani. Nel 1799 il Parlamento approva, dopo un lungo dibattito, il West India Act e nel 1800 il London Dock Act. Negli anni seguenti i piani vengono puntualmente realizzati. Il nuovo secolo si apre con i cantieri in piena attività. Nel 1802 entra in funzione l'import Dock del gruppo West India; nel 1805 sono completati i London Docks a Wapping; nel 1806 entrano in attività l'export Dock del West India e West India Dock: tutti sulla riva settentrionale a 1-2 miglia dalla City (v. fig. 3). Nel 1805 è aperto anche il City Canal che, tagliando alla base la penisola della Isle of Dogs, evita alle naviil doppio gomito del Tamigi. [10]   Prende cosii forma il paesaggio di questa parte dell'area metropolitana: le murature che costeggiano una rete viaria stretta e tortuosa [11] , i vasti specchi d'acqua dei bacini affollati di navi e battelli d'ogni tipo, i grandi corpi dei magazzini, spesso veri e propri monumenti della ingegneria civile del tempo [12] , con i profili acuti e ripetuti delle coperture, la moltitudine di botteghe artigiane, fabbriche, officine di riparazione, cui nel tempo si affiancano abitazioni, per lo più operaie, mense, osterie [13] .

  Il successo economico della costruzione dei nuovi Docks è grande. La crisi di sottodotazione di attrezzature è superata, le attività delle Compagnie possono espandersi. Tra il 1803 e il 1829 la West India C. distribuisce ai propri azionisti dividendi sempre al massimo livello consentito dallo Statuto (10% annuo) e, come sancito dalla legge, senza gravami di tasse fino al 1810 [14] .

 

La culla del Labour Party  

Per tutto un secolo la storia dei Docklands sarà una storia di espansioni [15] , di strenua competizione e di fusioni tra le Compagnie, di estensione degli impianti (v. fig. 4), di ampliamento della retrostante rete di trasporti. Ma sarà anche una storia di crescente insediamento operaio e di lotte sindacali, che si identificano in gran parte con la nascita e le prime affermazioni del Labour Party.

  Nel 1889 i lavoratori portuali dei Docklands danno vita ad uno dei massimi scioperi operai inglesi, il "Dock Strike” che sarebbe divenuto una pietra miliare nella costruzione del Labour Party: la forza delle organizzazioni operaie locali é la storia di questo epico sciopero, sono un elemento decisivo per capire le resistenze che, un secolo dopo, i residenti e tutta la sinistra avrebbero opposto alla ristrutturazione dei Docklands.

  Nel 1845, al ritomo dall'Inghilterra, il giovane F. Engels, in un celebre passo de "La condizione della classe operaia in Inghilterra" avrebbe così descritto la scena:

"Una città come Londra, nella quale si può camninare per ore intere, senza arrivare nemmeno al principio della fine, senza íncontrare il minimo segno che annunzi la vicinanza della campagna, costituisce una cosa del tutto particolare. Questa colossale centralìzzazione, questa riunione dí tre milioni e mezzo di uomini in un punto, ha centuplicato la loro forza, ha elevato Londra a capitale commerciale del mondo, ha creato i giganteschi docks, ha riunito migliaia di navi che sempre coprono il Tamigi. Non conosco niente di più imponenete della vista che offre il Tamigi. Quando lo si percorre dal mare al London Bridge, la massa delle case, i cantieri ai due lati, in particolare da Woolwich in poi, le innumerevoli navi lungo le due rive, che man mano diventano sempre più fitto e che alla fine lasciano libera soltanto una piccola via in mezzo al fiume, una via per la quale passano centinaia di vapori, tutto questo è così magnifico e gigantesco che non se ne può avere una idea, so non vedendolo e che ci meraviglia della grandezza dell'Inghilterra prima ancora di aver messo il piede sul suolo inglese. Ma le vittime che tutto ciò ha costato si scorgono solo più tardi... " [16]

Nel 1892, tre anni dopo il 'Tock Strike", ripubblicando il volume, Engels avrebbe ag­giunto :

“ Quello che io ritengo.. di maggior valore del progresso che il socialismo ha fatto in generale in Inghilterra, è il risvegliarsi dell'East­end di Londra. Questo immenso campo della miseria non è più la pozzanghera stagnante che era sei anni fa. L'East- end ha scosso la sua rigida disperazione, esso è ridato alla vita ed è divenuto la patria del 'Nuovo Uníonismo', cioé dell'organizzazione della grande massa degli operai `non tecnici (unskilIed)’...” [17]

   

TABELLA 1 - LE DATE DEI DOCKS

PRINCIPALI IMPIANTI

INAUGURAZIONE

CHIUSURA

WEST INDIA DOCKS

1802/6

1980

LONDON DOCKS (WAPPING)

1805

1969

EAST INDIA DOCKS

1805

1967

REGENT`S CANAL DOCK

1820

1969

URREY DOCKS

XIX sec.

1970

ST. KATHARINFS DOCK

1828

1969

ROYAL VICOTRIA DOCK

1855

1981

MILWALLDOCK

1868

1980

ROYAL ALBERT DOCK

1880

1980

KING GEORGE V DOCK

1921

1981

. Barker, "Dockland" cit. e B. Buckle, "London Docklands..." cit.

 

 

Rif. bibl.

"La riqualificazione delle periferie nella città europea", a cura di Stefano Garano, Edizioni Kappa, Roma, 1990

 

L'area urbana di Londra (Greater London) e i Docklands

 

Fig.1: Congestione lungo il Tamigi all'inizio dell'800
 

Fig.2: Il piano per i West India Doks nella Isle of Dogs

 

Fig. 3: I West India Docks poco dopo la inaugurazione

 

Fig. 4: Schema dei Docks del porto di Londra: in nero le date delle entrate in esercizio, in rosso quelle delle dismissioni

 
 
 
 
 
 
 
 

ATTO I: la chiusura dei Docks e le prime proposte di ristrutturazione

  Il permanere, nonostante le fusioni fra Compagnie, di gravi problemi di coordinamento delle attività portuali e di gestione dei servizi, soprattutto quelli di trasporto, è all'origine della istituzione, nel 1909, della Port of London Authority (PLA), progenitrice, nel Regno Unito come negli USA, di quelle Public Authorities che avrebbero svolto un ruolo essenziale nella realizzazione e gestione delle grandi infrastrut­ture urbane delle città anglosassoni: la istitu­zione della PLA conclude un secolo di espan­sione dei Docks urbani. Sotto la sua direzione essi continuano ad operare, con alterne fortune, fino al secondo dopoguerra. Dopo la costruzione del King George V Dock (192 1) non si realizzano più nuovi Docks ma sono frequenti gli interventi di ristrutturazione e razionalizzazione.

  Dall'inizio degli anni '60 l'intera economia del porto di Londra comincia ad entrare in crisi e, dalla fine del decennio, si susseguono le chiu­sure dei Docks (v. tab. 1). Le cause sono diverse, complesse ed oggi in gran parte note. L'aumento della dimensione delle navi da carico che, assieme alla evoluzione delle reti e dei sistemi di trasporto terrestri, rende molto più conveniente l'approdo di Tilbury, prossimo alla foce del Tamigi, ove possono attraccare navi di maggior pescaggio e sono disponibili aree a terra più vaste ed a prezzi inferiori. La diffusione dei 'containers', che consente di meccanizzare ed automatizzare gran parte delle operazioni di carico e scarico, rende inutili le attrezzature precedenti e riduce la necessità di spazi per il deposito.L'introduzione, per molte rinfuse secche, di nuovi sistemi mec inici ed automatici di movimentazione.

  Queste ed altre innovazioni tecniche mutano radicalmente l'economia portuale. 1 tempi supplementari necessari per arrivare dalla foce del Tamigi ai Docks urbani, entrarvi, caricare o scaricare, ritornare alla foce, danno luogo a sovraccosti inaccettabili per la maggior parte delle Compagnie, che si attrezzano quindi a Tilbury.

Nel 1967, 160 anni dacché era stato inaugurato, chiude l'East India Dock; nel 1969 chiudono il St. Katharine e il London Docks; nel 1970 il Surrey Dock. Appare evidente che, nel giro di pochi anni, l'intero sistema dei Docks urbani non potrà più svolgere le funzioni per le quali era stato creato.

  Nel 1965 il Greater London Council (GLC) [18] avvia le elaborazioni per un piano strategico dell'intera area londinese. Il Greater London Development Plan (GLDP), che sarà adottato nel 1969 ed approvato dal Department of Environnient (DOE) in una edizione aggiornata, solo nel 1976, pur percependo l'approssimarsi della crisi non la assume come questione rilevante e si limita ad indicare la necessità di riorganizzare le funzioni portuali concentrandole in un numero minore di aree.

 

Il London Dockland Study Team

  Nel maggio 1971 il GLC e il DOE, entrambi diretti dai conservatori, pongono all'ordine del giorno il problema della ristrutturazione dei Docks e affidano alla società di consulenza Travers Morgan & Partners uno studio per "definire le possibili alternative di ristruttura­zione dell'area" [19] .

  Lo studio, completato due anni dopo, è presentato ai committenti nel marzo 1973 e al pubblico nel mese seguente [20] , mentre è in pieno svolgimento la campagna elettorale per il rinnovo del GLC ed è aperta, da qualche tempo, una aspra polemica sul primo intervento di ristrutturazione dei Docklands, la trasformazione dei St Katharine Docks.

  Il gruppo di studio costituito dalla Travers Morgan & Partners (London Docklands Study Team) individua per la prima volta la crisi dei Docks come problema unitario, non ricondu­cibile a singoli aspetti o episodi; ne delimita l'area (2200 ha); assume la probabile completa cessazione delle attività portuali come una "op­portunity to renew a large part of London" [21] . Affinchè ciò che nell'East London viene per­cepito come concreto e drammatico rischio di perdere il posto di lavoro si trasforini in una occasione di ripresa economica e di riqualifica­zione dell'ambiente urbano occorre però proce­dere a trasformazioni radicali. Ma, chiarisce immediatamente il Team degli esperti, "there isn't any plan which will satisfy everybody" [22] ; qualsiasi scelta venga assunta in una zona di tale rilievo per l'intera area metropolitana, non potrà che premiare alcuni, punire altri. Coerentemente con le richieste della committenza: definire non un unico piano, ma diverse ipotesi praticabili, il Team delinea il quadro socio- economico ed ambientale di grave declino dell'area [23] , e propone cinque ipotesi alternative per la sua riutilizzazione. Le scelte, comuni a tutte le altemative, ma che in ciascuna assumono pesi e ruoli diversi, sono [24] :

realizzare un numero elevato di nuovi alloggi, sia pubblici che privati, di nuova costruzione e di recupero, mediante i quali migliorare le con­dizioni abitative dei residenti ed aumentare

  l'offerta destinata ai ceti medio- alti; la tipologia delle nuove abitazioni è prevista a uno o due piani, a schiera, con spazi liberi individuali, per soddisfare una domanda che sempre più rifiuta i grandi edifici in linea o a torre, tipici dell'edilizia intensiva degli anni '50 e '60;

- migliorare la dotazione di verde pubblico ed i servizi pubblici locali, in particolare le scuole, che vengono dotate di spazi liberi attrezzati;

- creare nuovi posti di lavoro, per i quali si fa conto: sui cantieri di costruzione (5- 1 Omila posti di lavoro l'anno fino al 199 1); sull'incremento dei servizi alla popolazione locale (nelle ipotesi più consistenti circa 30mila posti di lavoro); soprattutto sullo sviluppo del terziario metro­politano (circa 30mila posti di lavoro di ufficio); - potenziare i collegamenti con l'intera area londinese e la City in particolare, attraverso la viabilità, due nuovi ponti, la realizzazione di una metropolitana leggera (minitram);

- migliorare la qualità dell'ambiente urbano sia attraverso la realizzazione di parchi (che in al­cune delle cinque ipotesi raggiungono dimen­sioni notevoli) sia attraverso la gestione e manu­tenzione più accurata degli spazi e delle attrezza­ture pubbliche. Per gli specchi d'acqua dei Docks si prevede una utilizzazione parziale a fini ricreativi (marinas); ma spesso se ne propone l'interramento, parziale o totale, anche al fine di reperire nuove aree [25] .

  Quanto alle cinque ipotesi altemative, in quella denominata Waterside gli specchi d'acqua, ridotti rispetto a quelli esistenti e completamente ridisegnati, costituiscono l'elemento organizza­tore delle nuove residenze, prevalentemente private, e destinate a famiglie di reddito medio alto, che rappresentano la chiave di volta della pro­posta (circa 75mila nuovi residenti al 1991).

Nell'ipotesi Thames Park l’elemento organizzatore è un sistema di parchi urbani (nei Surrey

  Docks, nella Isle of Dogs e a Beckton) attorno al quale si dispongono le nuove residenze, prevalentemente pubbliche (circa 50mila nuovi residenti) e due grandi centri terziari.

Nell'ipotesi East End Consolidated (v. fig. 5) gli specchi d'acqua vengono interrati per consentire la realizzazione di un numero molto elevato di nuove residenze, per i 3/4 pubbliche e per 1/4 private a basso prezzo (circa 92mila nuovi abitanti); molte aree sono riservate a insediamenti industriali e sono proposti numerosi collegamenti stradali est- ovest (tre nuovi ponti sul Tamigi).

Nell'ipotesi Europa (v. fig. 5a), che il Team considera la migliore sotto il profilo costi/ benefici, le nuove residenze (anche in questo caso per circa 92mila abitanti) sono prevalentemente private e destinate a famiglie di reddito medío- alto; si prevede un centro terziario (Surrey Docks) ed un centro misto per uffici e commercio (Isle of Dogs), un minitram che percorre in senso est- ovest tutta l'area fino alle residenze dei Royal Docks, le uniche che restano servite da specchi d'acqua.

Infine l'ipotesi City New Town" prevede il massimo incremento demografico (oltre 100mila nuovi residenti) con residenze pubbliche e private circa in egual misura, le seconde prevalentemente destinate a famiglie di reddito basso, un town Centre nell'Isle of Dogs, un minitram a percorso semplificato rispetto all'ipotesi Europa.

  Nel suo insieme lo studio, molto dettagliato e aggiornato sotto il profilo analitico e conoscitivo, ci appare oggi come un tentativo di organizzare in termini sistematici e razionali l'intera questione. Non propone, nè gli era richiesto, una soluzione definitiva, ma mostragli effetti globali di diverse alternative di azzonamento e di destinazione d'uso; immagina di rivolgersi ad un soggetto pubblico unitario, in grado di gestire interessi contrastanti e di mediare i conflitti verso un risultato la radicale ristrutturazione fisica e funzionale dell'area che ritiene inevitabile. Ma la dinamica sociale e l'assetto dei poteri non ammettono, ora, una soluzione di questo tipo.

Quando lo studio viene presentato la polemica è subito aspra. Dietro le diverse alternative tra­spare la prospettiva, confermata dalla preferenza del Team per l'ipotesi Europa, di una sostitu­zione dei residenti "storici" legati al lavoro portuale ed alla manifattura, con le famiglie degli addetti alla City e al terziario metropolitano; è quest'ultimo, del resto, ad offrire le maggiori prospettive di nuova occupazione. Non sfugge a nessuno che tanto per i committenti (conservatori) dello studio quanto per i suoi estensori, l'area dei Docks, prossima alla City, costituisce una opportunità per lo sviluppo dell'East London solo se si promuovono due processi di sostituzione: quella dei residenti attuali con altri, il cui reddito sia tale da poter sostenere i prezzi della prossimità al centro metropolitano; quella del lavoro nell'industria e nel porto con il lavoro di ufficio, post-industriale.

In un clima elettorale molto acceso il Team è accusato di non aver tenuto conto delle esigenze della popolazione locale e di non aver consultato i rappresentanti dei cinque Boroughs interessati [26] : il suo lavoro è sommerso dalle critiche. Poco dopo, con i laburisti al governo nazionale ed in maggioranza nel GLC viene definitivamente messo nel cassetto. Il GLC, forte del sostegno del governo centrale e di quello dei rappresentanti locali, avvia un nuovo Piano.    

Legenda degli schemi illustrati nelle fig. 5/5a

 

Fig. 5: London Dockland Study Team: sintesi di due delle cinque ipotesi di ristrutturazione

 

Fig. 5a: London Dockland Study Team: sintesi di due delle cinque ipotesi di ristrutturazione

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Epimenide e Solone

  Nei luminosi, purtroppo incompleti, volumi sulla sapienza greca che Giorgio Colli ci ha lasciato, si rintraccia la storia di un'altra crisi urbana, quella della Atene di Solone.

La città era percorsa da conflitti e discordie: inascoltate restavano le risoluzioni della aristocratica assemblea riunita nell'Areopago, Nuove forze premevano: commercianti e artigiani capeggiati da Cilone avrebbero voluto impadronirsi dei luoghi del potere. Sconfitta, la loro rivolta lascia la città in preda al disordine e al terrore, forse alla peste. Falliti altri tentativi di pacificazione a Solone non resta che fare appello alla sapienza somma.

Convocato, giungo in città Epimenide, uno dei sette che di quella sapienza è riconosciuto detentore. Viene da Creta, l'isola del Labirinto e di Manna, ove incontrando gli Dei e se stesso ha acquistato conoscenze straordinarie e grande virtù: prototipo, forse, dell'intellettuale che si pone, per un attimo, al servizio della primor­diale impresa politica, riorganizzare la Città sconvolta dalla crisi.

Dove Solone era fallito riesce Epimenide: "Giunto ad Atene e trattando Solone da amico, gli preparò il terreno e gli aprì la strada in molte cose per la legislazione... ". Qual è la ragione del successo?

Epimenide comprende che il  piano non può che "premiare e punire": elimina luoghi ed occasioni di disordine; introduce nuove divinità ed apre nuove sedi di culto ma soprattutto reprime i riti funebri e punisce gli "eccessi" di cui questi erano occasione da parte delle donne. Spenti i clamori dei cortei funebri, ricondotte le donne nelle case, in città torna la quiete.

E' l'atto decisivo di una lunga lotta tra i sessi, nella quale a soccombere è il femminile, che traspare dai frammenti raccolti da Colli? Ci giunge forse da essi l'eco di un conflitto, che, con la sua conclusione, è all'origine della Polis? Epimenide, il sapiente, ha soppresso l'ultimo spazio, il rito funebre, nel quale si esprimeva la forza delle donne Con ciò ha aperto la strada ai nuovi poteri che si affacciano sulla scena ur­bana, ha reso possibile la costituzione di Solone. Da allora, prima ancora che dai segni di Ippodamo, sappiamo che all'origine del Piano è il conflitto, che il Piano premia e punisce.    

 

ATTO II: lo Strategic Plan per la riqualificazione dei Docklands

Nelle elezioni locali del 1973 i laburisti ottengono la maggioranza nel GLC; vincono anche in quelle generali dell'anno successivo e il primo ministro Wílson presiede il nuovo governo laburista. Il problema del declino economico, sociale ed ambientale delle inner cities, particolarmente acuto nelle maggiori aree urbane, si impone all'attenzione pubblica. I Docklands ne rappresentano l'esempio maggiore ed emblematico: qualsiasi scelta per quest’area acquista valore esemplare anche per le altre città [27]

 Il GLC, cui compete la pianificazione strategica nell'area londinese, e i cinque Boroughs nei quali ricadono i Docklands, ora omogenei quanto a direzione politica, si accordano per la costituzione di una struttura comune, il Docland Joint Commitee  (DJC) che elabori un piano strategico per la riqualificazione dei DocIdands e ne coordini l'attuazione. Il Joint Committee, inizialmente formato da 16 membri [28] , viene istituito nel gennaio 1974, in un clima di forte enfatizzazione del ruolo degli enti locali, protagonisti della vittoria laburista. Tuttavia, per quanto i cinque Boroughs, e poi lo stesso GLC, gli deleghino molte funzioni di pianificazione, tra le quali il rilascio delle "planning permission" (concessioni edilizie) il Joint Committee rimane una agenzia non esecutiva, bensì di pianificazione e coordinamento.

Nel primo anno di vita il Committee definisce le finalità del Piano Strategico, pubblica le procedure per la consultazione pubblica e si dota di un gruppo di esperti (Dockland Development Team) per la redazione del Piano. Questo sarà predisposto nell'anno successivo ed approvato nel luglio 1976.

 

Le condizioni dell’area

  Nel 1976 i 2.200 ha che costituiscono i Docklands (v. fig. 6) ricadono prevalentemente nei Boroughs di Newharn e Tower Hamlets e, per quote minori, in quelli di Southwark, Lewisham, Greenwich [29] . Il piano strategico considera quest'area fortemente integrata con l’East End (l’insieme delle cinque contee) che in effetti costituisce il reale ambito di riferimento e il destinatario del piano stesso. Nei Docklands risiedono 56mila abitanti, una quota esigua della popolazione dell'East End (1,2 milioni di abitanti al 1971) [30] ; i posti di lavoro sono circa 40mila: 5mila nei Docks ancora in esercizio, gli altri nelle numerose aziende commerciali e nelle industrie manifatturiere. Quattro sono i Docks già chiusi, e cioè il St. Katharine, il London, l'East India e il Surrey; in quelli ancora in esercizio (Millwall, West India e il gruppo dei Royal) gli attracchi "general cargo" tuttora ope­rativi sono solo 28 dei 60 in funzione cinque anni prima, e gli addetti si sono ridotti della metà. Il processo dì trasferimento di molte attività portuali verso l'area di Tilbury è molto intenso.

La crisi è acuta anche per le industrie manifat­turiere dell'area, che in soli tre anni, tra il 1971 e il 1973, hanno perso il 14% degli addetti; più stabile viceversa l' occupazione nelle attività commerciali e nei servizi. Tuttavia il Joint Commíttee ritiene che il declino industriale e la crescita delle attività terziarie debbano essere arrestate nei Docklands come nell'intero East End: se gli andamenti verificatisi tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, e invero comuni a tutte le economie industrializzate dell'Occidente, dovessero proseguire, sostiene il Cominittee, in 10 anni il peso dell'occupazione manifatturiera passerebbe, nell'East End, dal 29 all'11% dell'occupazione totale, e quello dei servizi dal 35 al 50%: Ia capacità dell'area di assorbire mutamenti così radicali senza gravi disordini sociali sarebbe, seppure auspicabile, del tutto improbabile” [31] .

Non meno gravi sono le condizioni abitative: gli indici di affollamento e lo stato di manutenzione degli edifici sono nell'East End, e ancor più nei Docklands, nettamente peggiori della media londinese; scarse le dotazioni di verde pubblico, di attrezzature per la ricreazione e lo sport, ed anche i servizi commerciali per gli abitanti sono carenti [32] . I Docklands, inoltre, costituiscono la zona meno accessibile, con il trasporto pubblico, dell'intera area metropolitana [33]

La natura del piano.           

Il London Docklands StrategicPIan (LDSP) con cui gli organismi associati nel Joint Committee, e lo stesso governo nazionale, intendono affrontare una situazione di tale gravitàè uno strumento che si colloca esplicitamente in una posizione intermedia tra i due tipi di piano previsti dalla legislazione del 1968, ora in vigore [34] : i piani di struttura (structure plans), redatti dalle Contee ovvero, per le aree metropolitane, dai rispettivi organi di governo (le "metropolitan counties" o, nel caso di Londra, il GLC che definiscono le principali linee di utilizzazione e sviluppo del territorio [35] ; i Piani locali (local plans) redatti dai Distretti, che articolano in forma più dettagliata le indicazioni dei Piani di struttura costituiscono il riferimento per il rilascio delle "planning permission" [36] . Il LDSP non ha quindi l'efficacia formale e giuridica di uno structure plan, che del resto, per l'area di Londra, è già stato redatto dal Greater London Council ed è ora definitivamente approvato; né tantomeno quella di un local plan, che i Boroughs dell'East End predisporranno con notevole lentezza [37] . E' piuttosto uno strumento di definizione delle scelte strategiche e delle loro modalità attuative, il cui valore, essenzialmente politico, risiede nell'essere il risultato di un accordo fra gli enti locali territorialmente competenti (il GLC e i cinque Boroughs) e di una complessa mediazione tra gli interessi dei residenti e quelli degli operatori locali.

 

Le forme di partecipazione.

  Essenziale è quindi il grado di partecipazione dei soggetti coinvolti che è, in effetti, localmente molto elevato. Nel corso del 1975 il Joint Committee pubblica ben 8 "working papers" concernenti i principali temi del piano ed organizza il dibattito dei cui risultati tiene conto per redigerne una prima bozza. Questa è  pubblicata in 5.500 copie nell'aprile 1976, una sintesi viene distribuita in 100.000 copie; nei mesi seguenti si tengono 13 assemblee pubbliche e 35 riunioni con gruppi specifici; vengono allestite 2 mostre, una itinerante ed una stabile: quest'ultima è esposta in ciascuna delle sedi dei cinque Boroughs. Il Joint Committee inoltre intervista 1500 famiglie residenti e 60 operatori locali; istituisce il "Docklands Forum" che riunisce un gran numero di associazioni locali (dei residenti, sindacali e degli imprenditori, religiose ecc.) ed invierà prima uno, poi due rappresentanti nel Joint Committee L'intensità con la quale si promuove la partecipazione è un connotato essenziale dello Strategic Plan: solo un'ampia partecipazione può ricreare quella "confidence to both residents and employers that there is a time when specific stages of development cari be expected to be reached". Creare fiducia nella possibilità di una ripresa locale: è questo il leit motiv del piano strategico che vuole essere "a positive step towards reducing the present lack of confidence in the future of the area and towards attracting the necessary private investment" [38] .

Gli obiettivi e la disponibilità dei suoli

  L’ obiettivo generale del Piano è così statutariamente enunciato: "To use the opportunity provided by large areas of London's Dockland becoming avalable, to redress the housing, social, environmental, employment/economic and communications deficiencies of the Docklands area and the parent boroughs and thereby to provide the freedom for similar im­provements throughout East and Inner London [39] .

La strategia si basa dunque sulla disponibilità delle aree dismesse o delle quali si prevede la dismissione: tale disponibilità è l'elemento su cui far leva per migliorare le condizioni abita­tive, trattenere le imprese esistenti e attrame di nuove, innalzare il livello di servizi, primi fra i quali quelli di trasporto, avendo come riferi­mento un ambito urbano ben più ampio di quello dei Docklands in senso stretto.Il fulcro dell'azione èperò esso stesso malsi­curo poiché sussistono molte incertezze sulla effettiva disponibilità delle aree, ed in partico­lare su quelle delle due principali agenzie pub­bliche proprietarie dei suoli dei Docklands: la British Gas Corporation e la Port of London Authority (PLA) che da sole posseggono circa 800 ha (v. fig. 7).  La British Gas Corporation (234 ha a Beckton e Greenwich) sostiene di non poter cedere le aree perchè al momento necessarie agli impianti di stoccaggio ed in futuro alla realizzazione di nuovi impianti di trattamento del gas urbano: per dirimere l'intricata questione il Joint Committe assume l'ipotesi che circa metà delle aree (108 ha) siano disponibili entro un termine di 5/10 anni [40] . La PLA (600 ha, cioè la maggiore quota unitaria, distribuita in diverse zone dei Docklands) subordina la futura disponibilità delle aree alle prospettive di operatività dei Docks, prospettive sulle quali al momento sussistono notevoli incertezze. La questione è rilevante non solo per la dimensione e la collocazione delle aree, ma soprattutto perché condiziona direttamente le prospettive di lavoro per gran parte della comunità locale: il Joint Committee si trova così tra l'incudine di dover utilizzare almeno parte delle aree per nuovi usi, pena la vanificazione del Piano, e il martello della pressione di base per il mantenimento dei posti di lavoro. E poiché la PLA dichiara formalmente di voler trasferire le attività dei Docks di Millwall e di West India nei Royal Docks, il Committec, pur sostenendo con enfasi di sperare in una ripresa della attività portuale [41] , formula la previsione che West India e Victoria Docks chiudano nel 1985 e Millwall nel 1990, mentre operativi a tempo indeterminato resterebbero Albert e George V Docks. Tale previsione consente di considerare disponibili circa 264 ha della PLA [42] .

 

Le proposte dello Sirategic Plan

  Lo Strategic Plan prevede che al termine del processo di riqualificazione la popolazione dei Docklands passi dagli attuali 56mila a 100-120mila abitanti [43] . All'aumento dei residenti dovrebbero contribuire soprattutto i trasferimenti di famiglie dall'East End, attratte da nuove occa­sioni di lavoro e da condizioni residenziali sensibilmente migliori di quelle delle zone di provenienza: i trasferimenti, liberando alloggi e aree nell'East End dovrebbero permettervi l'avvio di un'ampia operazione di recupero urbano. La riqualificazione dei Docklands è intesa dunque come volano per la più ampia riqualifi­cazione dell'East End [44] .

Quanto ai nuovi posti di lavoro, il piano punta sullo sviluppo dell'industria manifatturiera che dovrebbe garantirne, al termine dei periodo (1990), tra 26 e 32mila [45] : non definisce tuttavia le imprese che dovranno insediarsi nell'area, limitandosi a considerare conformi agli obiettivi l'espansione delle imprese esistenti e la localizzazione di nuove imprese manifatturiere 1abour intensive" e "space saving"; non conformi localizzazioni di imprese " land intensive" che occuperebbero troppo suolo con pochi posti di lavoro. Sono definite tre principali zone industriali (a Beckton, a Poplar-Silvertown, a Greenwich) nelle quali si dovrebbe concentrare l'offerta di terreni per impianti produttivi monopiano, ben collegati con l'area metropolitana e dotati di attrezzature e servizi collettivi (v. fig. 8).

Il ruolo assegnato all'industria non impedisce la previsione di una limitata crescita terziaria che nuovi dovrebbe verificarsi grazie ad alcuni nuovi centri di servizi locali e soprattutto grazie alla realizzazione di un International Trade Mart (nei Surrey Docks, per circa 12mila posti di lavoro) per il quale esiste già una proposta concreta da parte della Trammel Crow Company statunitense [46] .

Infrastrutture e servizi di trasporto sono uno dei temi primari del Piano: il miglioramento dei collegamenti con l'area metropolitana e la City è considerato fattore strategico per il successo della operazione [47] : la proposta principale è quella di una nuova linea est- ovest di Underground (metropolitana pesante) che attraverserebbe tutta l'area dei Docks e, congiungendosi con la Jubilee Line, li collegherebbe con la City e Charing Cross (v. fig. 8); sono proposti inoltre alcuni nuovi collegamenti viari soprattutto verso l'East London, due nuovi attraversamenti del fiume (a Beckton e Woolwich), un radicale potenziamento dei servizi di bus ed il ripristino di alcuni servizi di trasporto, merci e persone, lungo il fiume.

Altro elemento essenziale dei Piano, assieme  all'occupazione e ai trasporti, è la residenza [48] dimensionata in relazione alla nuova popolazione. E' prevista la demolizione di circa 2mila dei 19mila alloggi esistenti ed il recupero di circa 5mila; l'intervento principale è comunque costituito dalla realizzazione di 23mila nuovi alloggi che dovrebbero ospitare i 50-60mila nuovi abitanti previsti. Tipologie, dimensioni, forme dì godimento sono studiate con l'obiettivo di assimilare l'offerta abitativa dell'area a quella media londinese: particolare enfasi è posta nel rifiuto delle tipologie intensive multìpiani e nella distribuzione degli edifici, in genere di non oltre tre piani, tale da realizzare "clusters" di circa 4mila abitanti.

Con lo stesso criterio, unità di 4- 5mila resi­denti, sono organizzati i servizi commerciali e quelli scolastici [49] . Per ridurre la scarsità di verde pubblico che affligge l'intero East End, circa 140 ha sono destinati a nuovi parchi urbani, e 60 ha a verde attrezzato per le scuole. Si propone un sistema di percorsi pedonali lungo le rive del fiume, soprattutto per la parte prossima alla City [50] . Molta attenzione viene riservata, in un'ottica generale di conservazione del tessuto urbano esistente, al recupero di edifici significativi: ne vengono analizzati 102 per circa 30Omila mq di superficie utilizzabile, da sottoporre ad interventi di recupero differenziati.

 

Gli esiti dello Strategic Plan

  Il Piano strategico adottato dal Joint Committee, non appena reso pubblico, è oggetto di numerose critiche: soprattutto non condivisa è la assenza di scelte radicali, quali, si ritiene, sarebbero necessarie per l'avvio della effettiva riqualificazione di un'area così degradata e collocata in una posizione decisiva per l'intera area metropolitana. Ma, al di là delle reazioni non favorevoli degli addetti ai lavori e della opinione pubblica [51] , le iniziative del Joint Commiìttee per l'attuazione del piano troveranno notevoli difficoltà operative a motivo soprattutto della indisponibilità delle aree, della politica di riduzione della spesa pubblica adottata dal governo centrale, dei vincoli procedurali posti dalla legislazione vigente.

Per quanto gli organi costituenti il DJC avessero convenuto, fin dalla sua istituzione, sulla opportunità di delegare ad esso i poteri di acquisizione e di vendita dei suoli, tali poteri non sono stati delegati direttamente al Committee bensì ad un Docklands Land Board, previsto dallo Strategic Plan, ma istituito solo nel 1977 e comunque privo della facoltà di realizzare opere di urbanizzazione. Inoltre, poiché la maggior parte delle aree disponibili, necessarie alla attuazione della prima fase dei piano, nel 1977 erano già state acquistate o dai Boroughs o dal GLC, il Land Board non è mai stato effettivamente operativo ed è stato sciolto nell'aprile 1980 [52] .

Quanto ai finanziamenti [53] la politica di riduzione della spesa pubblica, avviata dal governo laburista nel 1976 e fattasi ancor più restrittíva alla fine degli anni '70, ha pregiudicato la maggior parte delle iniziative infrastrutturali previste, in particolare la realizzazione del nuovo tratto di Underground, ed ha ritardato la realizzazione dei programmi residenziali. Anche la proposta di realizzazione dei grande Trade Mart è stata ritirata per soprag­giunte difficoltà finanziarie.

Vengono comunque avviati, ed in parte completati, importanti interventi di consolida­mento e bonifica dei suoli e di sistemazione a verde delle aree a ciò destinate dal piano [54] . Ben presto ci si rende conto che per attrarre imprese manifatturiere non bastano le previsioni del Piano e la loro pubblicazione ma occorre una specifica iniziativa promozionale. Nel 1977 il Joint Committee istituisce una struttura ad hoc, il Docklands Industrial and Commercial Service, con il compito di promuovere l'immagine dei Docklands, pubblicizzare i vantaggi localizzativi che essi offrono ed attuare un programma di promozione industriale. Anche tale iniziativa, tuttavia, incontra difficoltà per i divieti posti dalla normativa vigente per il decentramento industriale [55] e deve rivolgersi, soprattutto nella fase iniziale, ad interlocutori esteri (europei e statunitensi soprattutto) essenziali per il pieno sviluppo della operazione, ma difficili da coinvolgere nella fase di avvio. Solo nel 1979 queste restrizioni verranno eliminate: ma è or­mai tardi e il destino del DJC e del suo Strategic Plan è segnato dai mutamenti sulla scena politica nazionale.

  Lo Strategic Plan per i Docklands è forse uno degli ultimi e nobili esempi di quel comprehensive planníng che alla fine degli anni '70 mostra gravi segni di crisi, non solo in Inghilterra [56] . Grava, sulla sua efficacia e sulla possibilità di effettiva realizzazione, anzitutto una visione irrealistica del futuro dell'area, legata alla storia ed agli interessi della comunità locale ma cieca di fronte alle origini strutturali della crisi ed all'emergere della nuova "economia dei servizi". Il Joint Committee, fortemente legato alla collettività locale, di cui è del resto espressione, non riesce ad assumere una prospettiva chiara: pur percependo che l'epoca dei Docks è finita, sostiene che essi continueninno ad operare. Errore comprensibile per il momento in cui è stato commesso, tuttavia decisivo per l'insuccesso del piano.     

L'idea poi che lo pervade, che il consenso e la partecipazione locali costituiscano condizione necessaria e sufficiente per un "buon piano", impedisce di vedere che, così come la crisi della economia portuale trae origine da fenomeni che trascendono la realtà locale, allo stesso modo o a maggior ragione la ripresa economica dell'area, contigua alla City di una metropoli mondiale, non potrà che essere il risultato della mobilitazione di iniziative e capitali di origine certamente non locale. Aver individuato nei cinque Boroughs gli interlocutori privilegiati, se non addirittura i protagonisti del Piano, e non aver coinvolto con altrettanta convinzione altri soggetti economici ed imprenditoriali costituisce un altro elemento di debolezza del Piano e dell'azione del Committee. Né va sottovalutata, infine, la vicenda dei suoli e dei poteri rispetto ad essi: l'incertezza sulla loro effettiva disponibilità ed il fatto che il Joint Commíttee non può agire da developer sottraggono unitarietà alla gestione della operazione e ne riducono le prospettive di successo.

Fig. 6: Schema delle funzioni

 

Fig. 7: Proprietà dei suoli nel 1976

 

Fig. 8: Proposta di localizzazione delle aree

 

Fig. 9: Legenda dello schema generale

 

Fig. 9: Schema generale

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Penteo e Dioniso

  A Tebe regnava Penteo. Dalle parole e dai gesti che gli attribuisce Euripide possiamo im­maginare che il nipote di Cadmo fosse un sovrano illuminato e che il suo regno si fondasse sulla lucida applicazione di principii e _regole non contrarie alla tradizione, ma soprattutto sorrette dall'esercizio vigile di una ragione riformatrice. Ai primi segni del diffondersi di nuovi e misteriosi riti e di fronte alla provocatoria presenza di un inviato della nuova, crudele divinità - non sa il re che l’ inviato é il dio stesso, che si beffa di lui - Penteo è dappriMa incredulo, poi sarcastico, infine decisamente aggressivo. Lo scorrere quotidiano della vita della città, il saggio sistema di regole che gli consente di governare, la ragione e l'onore, non debbono essere sconvolti da nuove, incontrollabili forze, da comportamenti contrari a tutto ciò che nella città è stabile. Il messaggero sia dunque arrestato, i nuovi riti proibiti, si ristabilisca l'ordine della ra­gione, Tebe torni in se stessa. E'solo quando straord7nariprodígi rendono manifesta la potenza di ciò che è nuovo, quando Cadmo e l'indovino Tiresia lasciano la città per seguire il nuovo dio, quando la stessa forza del sovrano si muta in impotenza, che Penteo, non piegato ma sconvolto cerca di capire:ma è ormai tardi, il suo destino è segnato. Aggredito nell'atto del conoscere, sarà crudelmente sbra­nato dalla sua stessa madre, e a Cadmo non resterà che abbandonare una città sulla quale la sua stirpe non ha saputo regnare. Forse, tra le molte lezioni che la straordinaria

tragedia di Euripide ci affida, una risuona più attuale: quella che descrive la trama dei comportamenti di chi governa di fronte all'irrompere di ciò che è nuovo e diverso. La "ragione" di Penteo, nella sua  tragica incapacità di comprendere, ma anche nella sua commovente devozione a incrollabili princìpi, è destinata alla sconfitta.  

 

INTERMEZZO: l'urbanistica della deregulation

 

  Nel maggio 1979 il partito conservatore, sotto la guida di Margharet Thatcher, vince le elezioni e assume il governo nazionale. Il vento del neoliberismo e della deregulation, che si era levato già dopo la prima crisi petrolifera del 1973, diviene gagliardo e, di lì a pochi mesi con, l'elezione di Ronald Reagan alla presidenza degli Stati Uniti, addirittura dominante a scala planetaria.

L'impegno del nuovo governo conservatore per la rinascita economica delle zone urbane depresse è notevole (v. tab. 2 e figg. 10, 11) [57] : occasione preziosa per dimostrare in modo tangibile che solo "liberando le forze del mercato dalle costrizioni burocratiche e dai vincoli dei piani" si possono ottenere risultati positivi, e terreno di un aspro e voluto confronto con i laburisti per i quali, in molti casi, le zone urbane di più antica industrializzazione, ora in declino, sono una roccaforte. Tra i primi atti del nuovo governo è una proposta di legge, il "Local Government, Planning and Land Act che, approvato nel novembre 1980, introduce innovazioni radicali nel sistema dei governi locali, della pianificazione e delle iniziative per la rivitalizzazione (regeneratíon) urbana. Per la storia dei Docklands, spettacolare banco di prova per tali iniziative, sono decisivi soprattutto due provvedimenti della legge: l'istituzione delle Urban Development Corporations (UDC) e delle Enterprise Zones (EZ). Le Urban Development Corporations sono agenzie pubbliche di scopo per la rivitalizza­zione urbana in zone determinate - le Urban Development Areas (UDA's) - nelle quali, sca­valcando completamente gli enti locali, ad esse sono conferiti dal governo centrale i pieni poteri urbanistici. Istituite dal Ministro per l'Ambiente con un decreto che per avere effetto deve essere approvato da entrambi i rami del Parlamento [58] , le UDC sono dirette da un Board nominato dal Ministro e formato da managers e tecnici di estrazione pubblica o privata, comunque suoi fiduciari. La legge affida loro, come obiettivo di interesse nazionale: " to secure the regeneration of its area by bringing land and buildings into effective use, encouraging the development of existing and new iìndustry and commerce, creating an attractive environment and ensuring that housing and social facilities are available to encourage people to live and work in the area" [59] . Per il perseguimento di tale obiettivo il Ministro può attribuire alla UDC  poteri molto ampi: acquisire o espropriare i terreni, realizzare su di essi opere di urbanizzazione e venderli o cederli in locazione [60] ; rilasciare le "Planning permission" in sostituzione degli enti locali [61] i quali restano titolari della funzione di pianificazione, ma privi delle competenze di gestione e comunque, in caso di  conflitto, subordinati alla decisione del Ministro; gestire i fondi nazionali per la riqualificazione urbana destinati all'area di propria competenza; erogare o garantire mutui per la realizzazione degli interventi; erogare incentivi alle imprese che si localizzano nell'area e, sempre per decreto del Ministro, svolgere funzioni di "building control Authority" [62] , di "housing Authority" [63] , di ”public health Authority" [64] , tutte funzioni prima di competenza degli enti locali.           

Le Enterprise Zones costituiscono un esperimento per verificare fino a che punto l'attività economica locale, industriale o terziaria, può essere stimolata eliminando i principali carichi fiscali e semplificando, o accelerando, il rilascio di autorizzazioni [65] . Sono dunque zone urbane o suburbane, delimitate dagli enti locali o dal Ministro dell'ambiente, nelle quali l'obiettivo di promuovere la localizzazione ex novo, o l'ampliamento, di imprese industriali o terziarie è perseguito attraverso la radicale semplificazione o la soppressione dei vincoli e delle prescrizioni urbanistiche, la quasi automatica concessione ad edificare, l'esenzione fiscale e la concessione di incentivi finanziari [66] . Per le EZ ricadenti in una UDA è responsabile la UDC territorialmente competente, che esercita i controlli edilizi ed è tenuta a pronunciarsi sulle richieste di ammissione e di concessione edilizia entro due settimane.

All'inizio degli anni '80 le UDC e le EZ appaiono come due episodi rilevanti ed emblematici del processo di deregulation che proseguirà per tutto il decennio [67] . In realtà, come gli eventi successivi chiariranno, con l'istituzione delle UDC si attua una vera e propria innovazione nelle politiche urbane, di importanza probabilmente non minore a quella della istituzione, nell'immediato dopoguerra, delle NewTovx Corporations, delle quali, del resto, le UDC sono nipoti [68] ; molto minore l'effettivo rilievo delle EZ, esperimento al limite del paradosso, forse "provocatorio", i cui effetti appaiono oggi piuttosto limitati [69] .

  Il 27 novembre 1980, a meno di un mese dall'approvazione del 'Local Government, Planning and Land Act”, nonostante la vigorosa opposizione degli enti locali e dei cinque Boroughs dei Docklands, la House of Lords approva il decreto istitutivo della UDA dei Docklands e della London Docklands Development Corporation (LDDC) [70] . Il dibattito parlamentare si conclude, nel giugno 1981, con l'approvazione definitiva del decreto. Nei mesi seguenti sono attribuiti alla Corporation tutti i poteri previsti dal “Local Government, Planning and Land Act”, con la sola esclusione di quelli relativi all'edilizia residenziale pubblica, alla sanità ed alla viabilità; le è trasferita la proprietà di terreni del Greater London Council, della Port of London Authority e delle altre aziende pubbliche, nonché di tre dei cinque boroughs [71] per un totale stimabile, nel 1984, pari a circa 480 ha [72] ;le viene assegnato un finanziamento (295 mil. di sterline) da destinare alla acquisizione e urbanizzazione delle aree, alla ristrutturazione urbanistica ed alla promozione degli interventi che essa ritenga necessari.

Nel 1982 è istituita, nell'Isle of  Dogs, una EZ che ricade sotto la giurisdizione della LDDC.

Molti degli ostacoli che si erano frapposti alla attuazione dello Strategic Plan sono così rimossi: proprietaria di porzioni rilevanti dei suoli, con ampi poteri di attuazione e di gestione degli interventi, dotata di finanziamenti sufficienti agli investimenti iniziali, autonoma dagli enti locali, la LDDC può concretamente avviare la rigenerazione dell'area: ma la filosofia e gli strumenti sono ora drasticamente mutati.  

Tab 2 : Spese dell'urban programme

 

Fig. 10: Distribuzione delle risorse dell'Urban Programme

 

Fig. 11: Obiettivi, programmi e risorse per la rivitalizzazione urbana

 
 
 
 
 
 
 

ATTO III: La ricostruzione dei Docks

  Per quanto nei programmi e soprattutto nelle realizzazioni della LDDC siano rintracciabili elementi già presenti nello Strategic Plan, al quale del resto la Corporation è formalmente tenuta ad ispirarsi, non v’è dubbio che nell'insieme l'affidamento ad essa della "più grande operazione di riqualificazione urbana in Europa" abbia costituito un punto di svolta radicale nell'approccio al recupero dei Docklands. Il modo diverso di intendere il rapporto tra governo centrale e governi locali, tra iniziativa pubblica e iniziativa privata, la diversa enfasi attribuita agli interventi di natura economica rispetto a quelli di natura sociale, gli strumenti di pianificazione e progettazione urbanistica, costituiscono altrettanti aspetti per i quali il passaggio di mano istituzionale (dal Joint Committee alla LDDC) ha dato luogo ad un mutamento drastico nella natura della operazione. Consideriamoli uno per uno.

  Governo centrale/ amministrazioni locali.   E' completamente scomparso il punto di vista tipico del Joint Committee, secondo il quale la partecipazione della comunità locale, attraverso le sue diverse rappresentanze, è connotato essenziale del piano e ne garantisce il successo. Ora, secondo il "Thatcherite viewpoint, local authorities are seen as a central part of the problem of urban decline and not as a means to its solution" [73] . Con ferrea coerenza la capacità di spesa e di imposizione degli enti locali viene drasticamente ridotta in tutto il paese, i governi locali di scala metropolitana vengono chiusi (1986) e nella emblematica area dei Docklands si agisce, molto semplicemente, come se i cinque Boroughs non esistessero. Già  all'atto della delimitazione dell'area posta sotto la giuri­sdizione della Corporation, i perimetri, ristretti rispetto a quelli assunti dallo Strategic Plan, sono definiti in modo tale da ridurre il numero dei Boroughs coinvolti: Greenwich e Lewisham escono definitivamente di scena. Inoltre i poteri conferiti alla Corporation la mettono in grado di agire, soprattutto nella prima fase dell'opera­zione (1981/87), in modo del tutto autonomo, in alcuni casi in aperto contrasto con i Boroughs. vi è alcuna preoccupazione di confliggere con la realtà locale: si assume definitivamente che la rigenerazione dei Docklands è problema nazionale, la cui soluzione mette in gioco la capacità dell'intera area londinese (e della sua City) di ricollocarsi al vertice del "network" delle grandi metropoli mondiali dell'era post­ industriale [74] . Quasi "naturalmente" la rigenerazione dei Docklands diviene una operazione di riprogettazione della "eastern extension of the City of London" [75] .

  Pubblico/Privato. Va da se che, nell'eclissi delle politiche keynesiane e del Welfare State, e nell'affermarsi del neoliberismo, l'iniziativa privata assuma un ruolo preminente rispetto a quella pubblica. Come osserva P. Hall nel suo ultimo volume, la crisi urbana degli anni '70 ha drasticamente spostato l'attenzione del planning, soprattutto nelle aree urbane di più antica industrializzazione, dal "controllo della crescita" alla "promozione dello sviluppo [76] . Attrarre investimenti produttivi nelle aree colpite dalla chiusura delle industrie, dalla depressione sociale e dal degrado fisico è divenuto l'imperativo categorico di qualsiasi progetto di riqualificazione urbana. Da quando il successo di alcune opera­zioni di questo tipo, soprattutto negli USA, ha fatto sembrare a portata di mano la soluzione – un mix di nuove infrastrutture, di servizi e di"maquillage urbano" in grado di attrarre developers e imprese terziarie - un termine è divenuto l'onnipresente despota di programmi e piani di riqualificazione urbana: il leverage ovvero il rapporto tra investimenti pubblici e investimenti privati indotti nell'area, forma nuova, semplificata ed aggressiva di considerare il "moltiplicatore urbano". Il numero che esprime il leverage ratio è apparso criterio decisivo per la valutazione degli interventi, strumento semplice ed efficace per decretarne il successo o il fallimento. L'operazione Docklands gestita dalla LDDC è forse uno degli esempi paradigmatici di questo indirizzo. Il rapporto tra investimenti privati e investimenti pubblici, che nelle previsioni dello Strategie Plan sarebbe stato inferiore ad 1, è divenuto il criterio ultimo di valutazione della operazione, obiettivo cui subordinare tutto il resto. Se considerato da questo punto di vista, il suo successo è stato indiscutibile: fino a tutto il 1985 per ogni sterlina di investimento pubblico realizzato dalla LDDC gli operatori privati ne avevano investite 4,2 [77] . Da allora i privati si sono presentati sulla scena dei Docklands ancor più numerosi ed aggressivi: l'ultimo Rapporto annuale della Corporation (1988- 89) può esporre con soddisfatta enfasi un leverage ratio di 12,5 [78] . Naturalmente per il raggiungimento di un risultato così lusinghiero è stato decisivo il valore di posizione dell'area [79] .

  Sociale/Economico. Altrettanto drastico ed esplicito è lo spostamento di attenzione e di risorse dai programmi di rivitalizzazione sociale a quelli di rivitalizzazione economica. Se "solo il libero gioco delle forze dei mercato", e quindi la ripresa degli investimenti nei settori produttivi emergenti può ridurre la disoccupazione ed attenuare i più gravi disagi sociali, il sostegno pubblico non potrà che rivolgersi prioritariamente agli investimenti privati in quei settori. Parallelamente allo spostamento di risorse dall'Urban Programme (che resta ancora il principale canale di finanziamento per interventi di riqualificazione urbana, anche se forse ancora non per molto) alle UDC, il nuovo governo attua una riconversione all'interno dell'Urban Programme stesso. Gli obiettivi sociali (sport, ricreazione, salute, istruzione, centri comunitari, ecc.) che alla fine degli anni '70 ricevevano circa il 50% dei fondi vedono progressivamente ridotta la propria quota fino al 30% del 1987/88, mentre quella destinata agli obiettivi economici (incentivi alle imprese, formazione professionale, edilizia industriale e terziaria privata, ecc.) sale da meno del 30% a circa il 40% (v. fig. 10).

Analogamente la LDDC persegue, soprattutto nei primi anni di attività, obiettivi di valorizza­zione dei suoli, di attrazione di imprese dei diversi rami del terziario metropolitano e di developers privati. La comunità locale, pochi anni prima principale destinatario delle proposte dello Strategic Plan, è ora decisamente in secondo piano. Solo quando l'operazione di “regeneration" sarà definitivamente decollata (grosso modo a partire dal 1987), la Corporation presterà maggiore attenzione ai suoi bisogni, non solo puntando ad elevare il numero delle famiglie locali che accedono alle nuove residenze, ma soprattutto proponendo programmi di sostegno sociale ai Boroughs, anche per sollecitarne l'assenso alle proprie proposte infrastrutturali.

Piano/Non Piano. Fin dall'inizio della operazione la LDDC ha esplicitamente sostenuto che "A rigid, conventional master plan approach is not appropriate to Docklands", aggiungendo inoltre "Nor are potential developers and cu- stomers tumed away if they do not meet strict, fixed criteria" [80] . Rifiuto della pianificazione convenzionale, estrema flessibilità nello stabilire regole e criteri il cui unico obiettivo resta l'effettiva ricostruzione dei Docklands e la attivazione di convenienze e profitti per le imprese private: gli imperativi del "Thatcherite viewpoint" trovano nei Docklands una emblematica applicazione. In questo senso la LDDC è portatrice, come è stato osservato, del ”non piano” [81] .

Ciò tuttavia non implica, né in ultima istanza potrebbe, l'abbandono di strumenti progettazione urbana (Town design) alla scala locale. Al contrario, da questo punto di vista, l'iniziativa della LDDC è rilevante e presenta aspetti di notevole interesse.         

 

I " criteri guida" della operazione

  Fermo restando l'obiettivo generale stabilito dalla legge istitutiva, la strategia della Corporation è decisamente improntata alla massima flessibilità e duttilità: sono comunque individuabili alcuni "criteri guida", che, pur applicati in modi e tempi diversi, hanno finora costituito riferimenti stabili del suo operare.

Per la questione cruciale dell’acquisizione dei suoli e della loro predisposizione alla edifica­zione la LDDC si attiene al principio secondo cui, "come ha mostrato l'esperienza, gli obiettivi richiesti di rapidità dei lavori di ricostruzione e di alta qualità dei manufatti sono più ef­ficacemente perseguibili se si opera su terreni della Corporation" [82] ; questa quindi, oltre ad utilizzare il patrimonio di aree trasferitole per decreto, persegue una politica di acquisizione, volontaria o per esproprio, di aree abbandonate o sottoutilizzate [83] , che vengono poi cedute ai "developers" per la realizzazione degli interventi  (di norma, stante il regime fondiario inglese, sotto forma di 1easeholding" per periodi anche molto lunghi, 99 o 124 anni, per l'edilizia ter­ziaria, o in proprietà per l'edilizia residenziale privata) [84] .

Naturalmente, poiché i proventi delle cessioni, molto importanti nel bilancio della Corporation, dipendono in larga misura dalla fortissima dinamica dei prezzi delle aree [85] , a sua volta funzione degli interventi infrastruttu­rali che la Corporation stessa promuove, il timing dell'intero processo (acquistare prima della valorizzazione e cedere dopo) è decisivo per la solidità finanziaria della Corporation e per il successo dell'intera operazione.Un secondo criterio guida è quello della co­struzione di una nuova immagine dell'area dei Docklands. Poiché la Corporation non realizza direttamente gli interventi, ma funziona da volano e da soggetto di "marketing" delle possibili iniziative, l'immagine dell'area sul mercato, la sua capacità di attrarre investimenti, immobiliari e non, è decisiva. La promozione dell'immagine avviene attraverso strumenti e passaggi numerosi e diversificati: la realizzazione di opere di elevata  qualità edilizia ed architettonica, tali da evidenziare le nuove potenzialità del sito; la pubblicazione degli area development frameworks, che, indicando le possibilità di edificazione assegnate a ciascuna sub- zona, creino interesse e stabiliscano un nuovo regime di fiducia presso gli operatori pubblici e privati; la utilizzazione, come catalizzatori di attenzione, di grandi interventi, soprattutto di edilizia per il terziario metropolitano e la residenza di qualità; la valorizzazione dell'ambiente fisico; soprattutto ampie ed energiche campagne pubblicitarie dirette prevalentemente verso quei settori della imprenditoria che hanno interesse a localizzazioni in aree centrali (e quindi ancora prevalentemente verso i comparti del terziario metropolitano).                           

Criterio essenziale è poi quello del deciso miglioramento della accessibilità dell'area: non è un fatto nuovo, ma nuova è l'ottica con la quale viene affrontato. Se l'esito finale della ricostruzione dei Docklands è quello di trasformarli nella estensione orientale della City, allora le infrastrutture primarie, coerenti con i precedenti criteri, sono quelle che collegano l'area con i luoghi delle funzioni cui essa è destinata, e al tempo stesso danno una immagine forte del cambiamento che si intende realizzare.                                                        .
Quindi anzitutto una nuova linea metropolitana, che i vincoli di bilancio e la stessa filosofia dell'operazione non possono che far essere leggera", per collegare i Docklands con la City e con il più vicino nodo della grande rete ferroviaria regionale (Stratford).

In secondo luogo uno scalo aereo di dimensioni e raggio operativo limitati (aeromobili STOL) per collegare i Docklands e la City con i principali centri economico- finanziari del centro Europa  (Parigi, Bruxelles, Amsterdam, Francoforte).

Si tratta di interventi insufficienti, come si vedrà, a risolvere i problemi macroscopici di accessibilità dell'area una volta che in essa si siano localizzate le nuove funzioni: essi però ne garantiscono, nella fase iniziale dell'operazione ed anche a livello di immagine, l'integrazione con il "network" nazionale ed europeo della direzionalità finanziaria e di impresa.

  Quanto agli strumenti progettuali per il controllo fisico della "regeneration", abbandonato il master plan convenzionale e scelta la linea della massima flessibilità e della concertazione, la LDDC inventa ed applica una sorta di "piani di area" semplificati: gli area development frameworks con i quali rende pubblica, di volta in volta e per specifiche sub­ aree, la propria ipotesi di ricostruzione, di utilizzo delle aree, di recupero degli edifici storici, di infrastrutturazione; attraverso i frameworks il mercato conosce le potenzialità di realizzazione connesse a ciascun sito, ed i developers dispongono di una guida per formulare proposte e progetti. L'ipotesi descritta nel framework non costituisce però, tranne che per un ristretto numero di casi relativi alla salvaguardia ambientale, un sistema di vincoli rigidi, bensì uno schema flessibile, in grado di adattarsi ad una varietà di circostanze in futuro " [86] . E', in ultima istanza, uno strumento per attivare ed indirizzare il mercato, ma l'esito finale delle realizzazioni è unicamente subordinato alle opportunità che di volta in volta emergeranno ed alla capacità della LDDC di coglierle (nelle figg. 14- 20 è illustrato uno dei più recenti frameworks).

  Infine, la strategia per la residenza è fondata sul fatto che la LDDC, come essa stessa fre­quentemente sottolinea, non è l'Housing Authority dei Docklands: soddisfare la domanda di alloggi in locazione per i redditi più bassi resta compito delle Local Authorities. Obiettivo primario della Corporation è viceversa promuovere la diffusione della casa in proprietà e "attrarre nell'area famiglie in grado di contribuire al suo sviluppo economico". Essa si pone quindi l'obiettivo che almeno la metà degli alloggi realizzati annualmente da imprese private in aree di sua proprietà (circa 2.000 l'anno) possa essere acquistata come prima casa da famiglie giovani di lavoratori qualificati, professionisti, managers. Entro questo quadro, esplicitamente volto alla sostituzione sociale, vengono comunque offerte aree ai Boroughs affinché vi realizzino alloggi in locazione: ma le difficoltà nel reperimento dei fondi per la costruzione ha vanificato, fino agli anni più recenti, tale possibilità [87] .
                                          
                       
Strumenti e modalità di attuazione

Coerenza e qualità dei risultati finali della ricostruzione non sono esplicitati in un piano, né in alcuna forma di documento ufficiale. Essi sono invece affidati alla capacità di gestione della Corporation, che rimane in definitiva l'unica responsabile e garante non solo del successo economico dell' operazione, ma anche della correttezza urbanistica dei suoi risultati.

Gli strumenti urbanistici utilizzati per indirizzare e tenere sotto controllo il processo attuativo, gli "area development frameworks" cui si è accennato, assumono forme e danno luogo a modalità di attuazione in parte diverse a seconda che si riferiscano alla Enterprise Zone, ovvero ad aree di proprietà della LDDC o ad aree rimaste private.

Nelle aree della Enterpríse Zone, circa metà dell'intera Isle of Dogs (v. fig. 21), vige la normativa semplificata prevista dal Local Government, Planning and Land Act del 1980. La LDDC si limita dunque a definire, in due planimetrie in scala 1/8000 la maglia viaria principale, e le zone soggette a vincoli speciali per ragioni ambientali (sensitive sub- zones) o di inedificabilità in quanto fasce di rispetto della viabilità. Con tali limitazioni, ed una volta esclusi dalla EZ alcuni tipi di industria (depositi o impianti a rischio o nocivi), è lasciata libertà agli operatori privati di presentare progetti e richiedere la planning permission : verificato che il progetto rispetti gli standard minimi previsti
dalla legge, l'autorizzazione è garantita entro un tempo brevissimo. Si localizzano così nell'area un gran numero di piccole e medie imprese terziarie, legate soprattutto ai settori delle comunicazioni e dell'informatica; prima il Daily Telegrapli e il Guardian, poi il Financial Times vi spostano impianti tipografici e uffici   

Il rischio che strumenti di controllo dello sviluppo fisico dell'area così labili possano dar luogo a realizzazioni molto frammentarie ed eterogenee è naturalmente presente alla LDDC: essa predispone una "guida" per lo sviluppo dell'Isle of Dogs (una sorta di Framework semplificato) alla cui stesura partecipano numerosi "town designers", tra i quali G. Cullen, che, attraverso una sequenza di schizzi e vedute prospettiche indica i caratteri formali, ambientali e di uso delle aree libere ritenuti "desiderabili". Si tratta, ancora una volta, di indicazioni non vincolanti, di suggerimenti che il "developer" può accettare o meno, sicché la guida assume il carattere di uno strumento promozionale piuttosto che di vera e propria progettazione urbana .

Per le aree di proprietà pubblica la LDDC predispone, via via che procedono i lavori di
sistemazione dei suoli e di urbanizzazione primaria e secondo una articolazione dell'intera zona dei Docklands in sub- zone fisicamente unitarie, gli area deve1opment frameworks che definiscono: gli elementi primari della ricostruzione (suddivisione in lotti edificabili, destinazioni d'uso e relative quantità, rete viaria, parchi pubblici); gli elementi di urban design (assi visuali, edifici storici e/o con funzioni preminenti ecc.); le fasi attuative; il sistema dei servizi locali ( educazione, sport, sanità, commercio); la rete dei trasporti pubblici; il sistema degli spazi pubblici e dei percorsi pedonali (v. figg. 13- 19). Nei frameworks più recenti è contenuto anche un interim interim master plan che corrisponde ad una sorta di “planivolumetrico" piuttosto dettagliato (v. fig. 20) [88] .Che tale planivolumetrico sia o meno annesso al framework, entrambi rappresentano una proposta che " simply shows how the area could finally evolve, not necessarly how it will evolve.
Much will depend on the results of the current consultation and on how developers respond to the needs and opportunities of the area at specific points in the future [89] .

Pubblicato il framework, si apre la possibilità per qualsiasi soggetto, pubblico o privato, di presentare progetti: questi vengono valutati dalla Corporation, che avvia con il proponente una negoziazione sulle caratteristiche del progetto, sulle condizioni e fasi di attuazione, ecc.; al termine di un periodo di valutazione normalmente molto breve viene rilasciata la autorizzazione. Il grado di approssimazione agli obiettivi definiti nel framework, i tempi con i quali procede la edificazione dell'area, il perseguimento delle finalità generali della operazione dipendono quindi dalla risposta del mercato alle opportunità offerte e dalla efficienza, efficacia e rapidità con cui la Corporation gestisce l'intero processo.

Analoghi sono gli strumenti e le procedure nel caso in cui i terreni siano di proprietà privata. In tal caso la LDDC dovrebbe attenersi alle prescrizioni dei local plans , ma i poteri confe­ritegli di planning authority le consentono, in caso di contrasto, di ricorrere al DOE: questo, dopo una audizione pubblica in cui vengono sentite le autorità locali, pronuncia la propria decisione, quasi sempre favorevole alla LDDC. Anche perciò i frameworks si sono progressivamente orientati ad includere anche aree non di proprietà della LDDC, naturalmente sempre entro ì limiti territoriali della sua giurisdizione.                                                                                     .                                                

Le realizzazioni                                                                                        .                                                                                                 

Sotto il profilo realizzativo il bilancio è, a meno di dieci anni dalla istituzione della LDDC, largamente positivo. Possono individuarsi due fasi, quella iniziale che si conclude con l'esercizio 1986/87, e quella successiva, tuttora in corso. Nella fase iniziale, la Corporation concentra l'iniziativa su tre linee principali: la promozione di immagine, la realizzazione delle principali infrastrutture di trasporto, lo sviluppo della Enterprise Zone nell'Isle of Dogs.

La promozione di immagine è molto intensa, ed avviene alla scala dell'intera area metro­politana, al livello nazionale ed all'estero. Lo slogan "as the crow files" con il logo del corvo dal becco giallo concentra l'attenzione sul valore di posizione dell'area, e sui vantaggi della prossimità alla City; anche i valori paesistici, che per quanto degradati presentano potenzialità notevolissime, sono enfatizzati: si punta sulla attrattiva dei waterftronts e sulla qualità di residenze che affacciano sui vasti specchi d'acqua dei vecchi docks.

Quanto alle infrastrutture di trasporto, il 10 marzo 1987 è inaugurata la linea di metropolitana leggera, la Docklands Light Railway, che collega l'Isle of Dogs alla Tower Hill e a Stratford con un percorso di 12,5 km, di cui 7,5 su viadotti in parte esistenti e recuperati. Per quanto la capacità della linea sia limitata (1.600 persone/h per senso di marcia), le numerose fermate (15 in totale), la tecnologia avanzata dell'impianto, le stesse soluzioni di design , contribuiscono a rompere nell'immagine, ed in parte anche nella realtà, l'isolamento dei Docklands dal cuore metropolitano.

Nell'ottobre dello stesso anno entra in esercizio il nuovo London City Airport, realizzato sulla banchina centrale tra il Royal Albert e il King George V Dock, che, con aeromobili STOL e raggio operativo di 650 km, collega la "comunità di affari" che si intende attrarre nell'area, con le grandi città europee (13 voli giomalieri per Parigi, 4 per Bruxelles, Amsterdam ecc.).            

Per la Enterprísc Zone il 17 luglio 1987 viene siglato un Master Buildíng Agreement tra LDDC e Olympia & York - la multinazionale delle costruzioni che ha costruito, fra l'altro, Battery Park City a New York - per la realizzazione del Canary Wharf Scheme, il più grande complesso terziario e direzionale di tutta l'area e del Regno Unito, localizzato al centro del West India Dock, nella Isle of Dogs. Il progetto, in puro stile "città mondiali" [90] , prevede, su un'area di circa 28 ha (di cui oltre 1/3 di specchi d'acqua), 26 edifici, tra i quali un grattacielo alto 250 m, per complessivi 1,2 milioni di mq per uffici e 75mila mq per il commercio e il tempo libero [91] .

  Con l'approvazione del progetto per Canary Wharf può dirsi virtualmente completata l'operazione della Enterprise Zone, avviata sei anni prima con la realizzazione dei primi nuclei di edilizia industriale e terziaria. Il decollo della Isle of Dogs come polo terziario e direzionale ad altissima densità, decisamente competitivo con la City, l'entrata in esercizio della metropolitana leggera e dell'aeroporto concludono la fase iniziale della "rinascita" dei Docklands: Il Rapporto annuale della Corporation per l'esercizio 1986/87 è enfaticamente intitolato: 'The Year of Arrival'.

La fase successiva, tuttora in corso, sancisce il successo finanziario ed operativo della LDDC
ma apre, al tempo stesso, problemi rilevantissimi in ordine sia alla integrazione con l'area centrale storica di Londra, sia al più generale assetto metropolitano.

I risultati operativi illustrati dall'ultimo documento globale della Corporation, il "Corporate Plan 1989, sono notevoli. Circa l'80% dei suoli che risultavano abbandonati e da risanare al 1981 (800 ha) sono stati risanati (636 ha). E' in corso la estensione della metropolitana leggera verso ovest, fin dentro la City, e verso est, fino a Beckton, estensione completamente finanziata con risorse private; il Govemo ha deciso un contributo pubblico per la realizzazione del prolungamento della Jubilee line (metropolitana pesante) con un tracciato parzialmente diverso da quello a suo tempo previsto dallo Strategic Plan; sono stati realizzati circa 60 km di nuova viabilità e ne sono previsti altri 24 entro il 1993. Sono stati completati 11.500 nuovi alloggi, 4.600 su terreni della LDDC e 6.900 su terreni privati [92] ; 5.300 sono in costruzione e si prevede di raggiungere, entro il 1993, la quota 20.000. Sono stati costruiti 0,8 milioni di mq di edilizia commerciale e terziaria e 1,8 milioni, già autorizzati, saranno completati entro il 1993. 1 posti di lavoro, prevalentemente terziari, sono circa 50.000, cioè il 20% in più di quelli esistenti nel 1971 e quasi il doppio di quelli rimasti nel 198l; il tasso di disoccupazione dell'area è sceso all'11 %, livello analogo a quello medio nazionale.

  Ma il risultato che la Corporation può esporre con maggiore soddisfazione, e che costituisce       anche, per così dire, il simbolo del suo approccio alla regeneratíon dei Docklands, è il rapporto tra gli investimenti privati realizzati nell'area e quelli pubblici che sono stati necessari ad attrarli: tra il 1981 e il 1989 gli operatori privati hanno investito 6,8 miliardi di sterline (14 mila miliardi di lire al cambio '89) a fronte di 0,5 miliardi di sterline di finanziamenti statali assegnati alla LDDC; il leverage ratio ascende quindi, come si è accennato, al valore record di 12,5 [93] .

  Forte di questi risultati la LDDC sembra voler mutare il proprio atteggiamento nei confronti delle esigenze locali ed assume una linea di parziale apertura verso i Boroughs e le loro proposte. La spingono in questa direzione non solo una maggiore fiducia nella possibilità di raggiungere, grosso modo entro i tempi previsti obiettivi fissati all'atto della sua istituzione [94] ma anche, forse soprattutto, l'emergere di nuovi problemi.                                                              .
      In primo luogo quelli connessi al mantenimento di un livello accettabile dì mobilità nel distretto centrale dell'area metropolitana, mantenimento che richiederà nel prossimo futuro rilevanti investimenti infrastrutturali. E' opinione diffusa che lo stesso prolungamento della Jubilee line sarà insufficiente ad accogliere i flussi indotti da Canary Wharf, flussi destinati ad aumentare ulteriormente una volta realizzato a Charing Cross, immediatamente a ridosso dei Docklands, il terminal metropolitano del Tunnel della Manica [95] . Per evitare una crisi della ac­cessibílità dell'area, già oggi problematica, la LDDC dovrà ottenere finanziamenti pubblici superiori a quelli finora ottenuti: divengono quindi importanti le relazioni con i Boroughs dell'East London.

      Vi è di più. Anche i più strenui oppositori della LDDC concordano oggi nel ritenere che, nel bene o nel male, che lo si voglia o meno, Canary Wharf e i Docklands costituiscono ormai il       fattore più rilevante di trasformazione del paesaggio e della stessa struttura fisica e fun­zionale dell'area londinese nel prossimo secolo" [96] il problema cruciale è quindi quello di una effettiva integrazione della nuova realtà nel tes­suto metropolitano. D'altro canto all'interno della stessa LDDC va emergendo la consapevolezza che senza tale integrazione i rischi di una eccessiva polarizzazione funzionale e sociale verso i Docklands potrebbero mettere in di­scussione la stessa significatività dei risultati economici. Emergono nuove perplessità sull'assenza totale, dopo la chiusura del GLC, di strumenti di programmazione e gestione di scala metropolitana. La recente attenzione della LDDC alle amministrazioni locali potrebbe essere forse un sintomo di una più generale riconsiderazione degli effetti della deregulation urbanistica.

Fig. 12: Legenda sintesi degli interventi

Fig. 12: Sintesi degli interventi

Fig. 13: Royal Victoria (South) and Thames Barrier

Fig. 14: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 1: elementi primari

Fig. 15: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 2: Urban Design e principali destinazioni d'uso

Fig. 16: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 3: lottizzazione di massima e fasi attuative

Fig. 17: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 4: localizzazione dei servizi pubblici di area

Fig. 18: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 5: infrastrutture e servizi di trasporto; principali accessi all'area

Fig. 19: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 6: spazi pubblici e collegamenti pedonali

Fig. 20: Royal Victoria (South) and Thames Barrier Development Framework 7: master plan

Fig. 21:Situazione attuale della Isle of Dogs

Fig. 22:

Fig. 23:Canary Wharf in costruzione

Fig. 24:Canary Wharf oggi

Fig. 25:

Fig. 26:

Fig. 27:South Quay Plaza

Fig. 28: Centro commerciale e uffici nella South Quay Plaza

Fig. 29: Residenze della Isle of Dogs

 

  ESODO         

Nel tentativo di conservare la struttura sociale e le funzioni dei Docklands, e perciò di mantenerne intatta gran parte della struttura fisica, lo Strategíc Plan e il Greater London Council si sono condannati alla inefficacia. Hanno disegnato il quadro finale cui dovrebbe dar  luogo l'opera di ricostruzione, ma non ne hanno individuato i protagonisti. Allo Strategic Plan è sfuggita una visione realistica delle forzee degli interlocutori che a vrebbero potuto ridIscgnare e ridar vita alla parte più degradata dell'area metropolitana.   
Quelle forze e quegli interlocutori sono viceversa i destinatari ed i principali interlocutori dell'azione della London Dcvelopment Corporation. Essa ritiene di aver individuato il motore della trasformazione e considera quindi inutile il piano. L’immagine di città che traspariva daIlo Strategíc Plan era tu tta volta a1 passato. Quella della Corporation, attualissima, è però economicistica: rinchiusa in una logica di puro "marketing" si realizza, ma soltanto perché apre la città agli investimenti privati, consente loro straordinari profitti, permette alle funzioni della City di espandersi ad est. Conserva quindi l'assetto strategico della metropoli, con la concentrazione delle flinzioni direzionali nel suo centro, ed è foriera di nuovi problemi e contraddizioni, per affrontare i quali torna a riemergere, dieci anni dopo, la necessità del piano [97] .
Così, secondo alcuni che hanno vissuto direttamente la vicenda, la istituzione della LDDC non sarebbe servita ad altro che a consentire il passaggio di mano nella gestione di una operazione economica rilevantissima, nel momento in cui ne diveniva evidente la grande convenienza. [98] Secondo altri, che della vicenda sono stati attenti osservatori, tanto lo Strategic Plan qu­anto il "non piano” della LDDC, gesto romantico il primo, pura gestione d’affari il secondo, restano al di qua di una razionale gestione delle trasformazioni urbane, di una attuale, nuova forma di piano [99] ). In entrambi i casi emerge un approccio “strumentale” alla riqualificazione urbana e alla ricostruzione dei Docklands: per il GLC questa era, in ultima istanzza, l’occasione per rivolgersi ad un settore sociale, sostenerne e promuoverne le rivendicazioni, per la LDDC è lo strumento per realizzare operazioni economiche ed investimenti rilevantissimi. Alla città, ed alle ragioni dell’urbanistica, si allude, ma restano estranei agli obiettivi reali. In entrambi i casi la città è indifesa.

Dietro questa riflessione ne traspare, mi sem­bra, un’altra, forse più rilevante: riguarda il tempo, rapido, dell’economia e dei cambiamenti nell’uso della città e quello, lento, della sua trasformazione fisica.

Chiunque osservi la vicenda dei Docklands è colpito dal contrasto tra la inefficacia di dieci anni di proposte e di piani (gli anni '70) e la rapidità, addirittura concitata delle iniziative realizzate dalla istituzione della LDDC in poi. Gli stessi responsabili della Corporation riflet­tono nei gesti e nelle parole la straordinaria pressione di tempi di decisione rapidissimi. La velocità con cui procede la ricostruzione, la necessità di decidere "in tempo reale" e di cogliere le opportunità di sviluppo dominano sulla valutazione degli  esiti, finalí, sulla qualità della parte di città che si sta costruendo. Nei dieci anni delle proposte e dei piani i tempi, rapidi, della economia e dei cambiamenti d’uso erano rimasti sullo sfondo, inascoltati; nei dieci anni delle realizzazioni emergono in primo piano e si sovrappongono, con prepotenza, a quelli, lenti, della trasformazione fisica. Tra questi due tempi, e queste due velocità, non vi è, nella vicenda dei Docklands, mediazione alcuna.

 

Ringraziamenti 

Per le informazioni e la documentazione  gentilmente fornite ringrazio: Paul Cheshire, dell'Università di Reading;  Peter Dean e Barry Shaw della London Docklands Development Corporation; William Solesbury, Archie Russel.

 


[1] Nel corso di due sopralluoghi effettuati nel dicembre 1987 e nel gennaio 1990.

 

[2] T. Barker, "Dockland: origins and earlier history” in "Dockìand" , Northeast London Polytechnic with the Greater London Council, 1986, p. 14

 

[3] ) Le banchine e le aree di carico e scarico delle merci, attrezzate con servizi di dogana, lungo la riva settentrio­nale del Tamigi, tra il London Bridge e la Tower of London, sotto la giurisdizione della City of London, e i "Sufference Wharf” lungo la riva meridionale, nel Bo­rough di Southwark.

 

[4] T. Barker, "Dockland: origins ...” cit, ivi.

 

[5] Alcune stime fanno ascendere a 250mila- 500mila ster­line dell'epoca le perdite annue dovute ai furti; altri le valutano in termini fisici, pari ad esempio ad un quinto di tutto lo zucchero e ad un quarto del rum importati (v. T. Ba.rker, "Dockland: origins ...” cit., ivi)

 

[6] Una dettagliata descrizione di questo 'esercito',delle sue attività, della sua articolazione professionale e del suo 'indotto', dovuta a P. Colquhoun, Magistrato della Polizia Metropolitana nel 1797, è in T. Barker, "Dockland: origins..” cit.

 

[7] Per i Docks di Wapping (o London Docks) nel 1796 si costituisce la London Docks Company, con l'obíettivo di realizzare il Piano redatto dal surveyor D. Alexander, che, viene presentato, assieme allo Statuto della compagnia, alla Camera dei Comuni (v. M. Folin, "Filling”  in Urbani­stica n. 80, 1985); analogamente procede la West India Company per i nuovi Docks nella Isle of Dogs.

 

[8] B. Bucklie, "London Docklands- Past, Present and Future” Dockland Joint Committee, 1980

 

[9] I West India Docks erano circondati da un fossato largo 12 piedi e profondo 6 (T. Barker, "Dockland: origins cit, p 15 )

 

[10] V.T. Barker, "Dockland: origins   cit, p. 16.

[11] La strada stretta e tortuosa che serviva i Docks, è chiamata, in un tratto tuttora esistente,"narrow street".

 

[12] V. M. Tucker "Warehouses in Dockland", in "Dockland", Northeast London Polytechnic,cit.

 

[13] V B.Buckle, "London Docklands...",cit, p.4

 

[14] V. T. Barker, "Dockland: origins ..” cit, ivi.

 

[15] Nel 1823, promossa dalla omonima compagnia, inizia la costruzione dei St Katharine Docks, i più vicini alla City, il cui completamento, 5 anni dopo, avrebbe dato luogo ad un periodo di eccesso di offerta di attrezzature. Ma ben presto la straordinaria crescita dei traffici stimola la realizzazione, in direzione est, di nuovi e più grandi Docks ( Royal Victoria Docks prima, Royal Albert poi) che proseguirà fino al primo dopoguerra. Nel 1996 la East and West India Dock Company, (le due Compagnie si erano fuse nel 1838) per far fronte alle difficoltà provocate dall'aumentata stazza delle navi, e dal loro maggior pescaggio, realizzano, al di fuori dell'area urbana (26 miglia ad Est del London Bridge e 16 miglia dall'Albert Dock) il nuovo Dock di Tilbury, che, un secolo dopo, sarebbe rimasto l'unico in esercizio. Le ragioni della costruzione di Tilbury, cioé il progresso tecnico nella costruzione delle navi, diverranno, più tardi, uno dei principali fattori della crisi dei Docks urbani. Per una sintesi della storia dei Docks, v., oltre a Barker,"Dockland. origins..." cit. anche J. Pudney, “London's Docks (history of construction, operation and decline)", Thames & Hudson, London, 1975. Per gli effetti del progresso tecnico nella costruzione delle navi sulle vicende dei Docks londinesi, v. A. Pearsall, "The development of the ship", in 'Dockland", Northeast London Polytechnic, cit.

 

[16] F. Engels, "La condizione della classe operaia in Inghilterra”  Reprint, Samonà e Savelli, 1972, Roma, p. 17

 

[17] Sei mesi dopo avrebbe aggiunto :" ... il movimento operaio inglese ha fatto un nuovo buon passo innanzi. Le elezioni parlamentari, che ebbero luogo alcuni giorni fa, hanno reso noto ai due partiti ufficiali, ai conservatori come ai liberali, che essi hanno da fare i conti, da ora in avanti, con un terzo partito, con il partito operaio. " (F. Engels,"La condizione..." cit, Prefazione del 1892, p.XIV.)

 

[18] Istituito con il London Govemment Act del 1963, era composto da 100 consiglieri eletti direttamente e da 16 assessori (Aldermen); aveva competenze nei settori della pianificazione, dell'istruzione, dei trasporti e viabilità, della sanità, per il territorio della Grande Londra (1600 kmq) amministrato da 32 Boroughs oltre alla City. Il GLC è entrato in funzione il 1- 4- 1965 ed è stato abolito esattamente 21 anni dopo (1- 4- 1986) in seguito alla approvazione del Local Govemment Act dei 1985 proposto dal governo conservatore di M. Tacther. Una sintesi della evoluzione recente delle forme di governo dell'area metropolitana di Londra è in F. Merloni, "Il rebus metropofltano", Roma, 1986

 

[19] Sia il Governo centrale, sia il GLC sono guidati, in questo momento, dai conservatori mentre nei Boroughs dei Docklands la maggioranza è laburista: ciò contribuisce a rendere molto acuta la polemica sulle prospettive di ristrutturazione dei Docklands ed a radicalizzare il con­flitto tra una posizione centrale - conservatrice orientata al riuso dell'area per funzioni terziarie ad alto valore ag­giunto ed una posizione locale- laburista orientata al so­stegno delle residenze e delle attività esistenti. (v. anche. G. Ronzani, "Docklands, analisi e valutazioni critiche", in "La città europea" Bologna, 1989,p. 106)

 

[20] London Dockland Study Team, "Docklands, redeve­lopment proposals for East London", London, 1973.

 

[21] London Docklands Study Team- R. Travers Morgan & Partners "Rebuilding Docklands, What Choice for the future?” London, april 1973. La percezione della crisi da parte del Team è molto nitida anche se, forse per un opportunistico understatement, viene presentata in ter­mini sfumati. Indicativa è la frase di apertura dell'opuscolo, destinato alla consultazione di base :"As a whole the Port of London is flourishing. But the growth and development is taking place down river. Upstream, in the Study Area, the process of decline has already left large areas unused, and more areas will follow. "ivi, p.2.

 

[22] ivi.

 

[23] Al momento della studio l'area è abitata da circa 55.000 persone; quasi i 2/3 delle famiglie vivono in alloggi pubblici e solo il 5% delle famiglie è proprietaria dell'alloggio in cui vive. I posti di lavoro sono circa 60.000, oltre metà dei quali occupati da lavoratori non residenti nell'area. Più del 50% dei posti di lavoro è in attività manifatturiere e circa il 25% in attività portuali; il 25 % restante si divide tra servizi locali (circa il 10%) ed attività di ufficio(circa 15%). Gli spazi verdi sono pres­socché inesistenti, i servizi scolastici e sanitari molto carenti, ed i collegamenti diretti( bus o metro) con il centro di Londra molto scarsi. "The general impression of the physical environment is of drabness and deterioration", ivi, p. 3.

 

[24] ivi,  pp.4- 9 .V. anche  London Docklands Study Team,"Docklands cit. pp.19- 27.

                             

[25] La cultura del recupero urbano non è ancora in grado di proporre quell' utilizzo degli specchi d'acqua che, qual­che anno dopo diverrà un leit motiv delle migliori operazioni di riqualificazione urbana in tutta Europa.

 

[26] B. Buckle, "London Docklands...", cit p.6; Buckle, che dal 1974 ha preso parte attiva alla elaborazione dello Strategic Plan, ed è stato Director of Developinent Co­ordination della Docklands Development Organisation, considera l'esperienza del London Docklands Study Team un “false start” nel lungo percorso di pianificazione della ristrutturazione dei Doclands.

 

[27] V. P.Ha11, "Cities of Tomorrow,", London, 1990,p. 352.

 

[28] ) Otto membri sono nominati dal GLC ed otto dai Boroughs (1 ciascuno da Greenwich e Lewisham, 2 ci­scuno da Newham, Southwark e Tower Hamlets); il Committee così istituito può cooptare un massimo di altri otto membri, su indicazione del Department of Environment.

 

[29] In particolare la distribuzione delle aree è la seguente:

Tower Hamlets                            556 ha

Newham                                      1.088 ha

Southwark                                   212 ha

Lewisham                                    48 ha

 Greenwich                                  296 ha

 

[30] Lo Strategic Plan prevede che, al 1986, gli abitanti dell'East End si riducano a circa 850mila.

 

[31] Docklands Joint Committee, "London Docklands Strategic Plan (LDSP)”, Ju1y 1976, p.37

 

[32] In tutta l'area dei Docklands, sottolinea lo Strategic Plan, non c'è neanche uno "shopping Centre of any si­gnificant size" ( ivi, p. 10)

 

[33] Ivi, p. 10. La prima sezione dello Strategic Plan, dedicata alla descrizione dello stato di fatto nell'East End e nei Docklands, così conclude: "East London, and particularly Docklands, grew up about the same time as the older industrial areas in the Midlands and North of the country. During the last war it was the most heavily bombed civilian target in the country. Since then, apart for the more isidious decline in population, many docks closed in quick succession. Now it has all the symptoms of decline of the older urban areas of the country, many of which have long since been recognised as needing special help towards improvement. The signs are not just unemployment statistics, which are only the tip of the iceberg and not fully reflect the economic state of the area because it is part of a larger conurbation. The signs are the overall economic, housing, transport and environment state of Docklands and the Docklands boroughs and the rate at which things are deteriorating. The evidence summarised in this review is based on verificable facts. It is irrefutable that Docklands and East London is typical of the older industrial areas of the country with an urban fabric that is wearing out and declining rapidly and which does not satisfy the aspirations of many people in these times." (ivi, p. 13).

 

[34] Ivi p. 6.

 

[35] Lo structure plan è essenzialmente un documento scritto che contiene analisi ed indicazioni per la utilizza­zione del territorio della Contea, coerenti con le prospet­tive di sviluppo fisico ed economico della regione di appartenenza; è corredato da diagrammi e schemi indicativi, programmaticamente privi di una base cartografica; adot­tato dal Consiglio della Contea deve poi essere approvato, dopo un public hearing, dal Department of Environment (una dettagliata descrizione delle funzioni e dei contenuti degli structure plans è in "Development Plans, a manual on form and content",.Ministry of Housing and Local Government, Welsh Office, FINISO, London, 1970).

 

[36] Il local plan (nella sua triplice forma di district plan, action area plano subject plan) definisce dettagliatamente le destinazioni d'uso, gli indici di edificabilità, le opere di urbanizzazione ed in genere tutti gli interventi fisici previsti da soggetti pubblici, nonché le relative fasi e modalità di attuazione (v. Ministry of Housing and Local Government, "Development Plans..." cit.).

 

[37] Tali piani saranno approvati dai Boroughs solo nel corso del 1985.

 

[38] Docklands Joint Committee, "London Docklands Strategic Pian (LDSP)", cit. p. 5

 

[39] LDSP, ivi.

 

[40] LDSP p. 28.

 

[41] "The Docklands Joint Committee wish to see a flourishing and viable port in East London” sottolinea più volte il testo del Piano (LDSP, p. 28, 29, )

 

[42] Per una sintetica ricostruzione delle polemiche del momento sulle prospettive dei Docks, v. B.Buckle, "London Docklands  cit., p. 14. Le previsioni del DJC, più caute di quelle della PLA, si sarebbero dimostrate comunque molto ottimistiche: per le date di effettiva chiusura dei Docks, v. tab I.

 

[43] LDSP pp30e sgg.

[44] LDSp ivi

 

[45] LDSP pp. 34/39

 

[46] LDSP pp62/66

 

[47] LDSP pp 40/55

 

[48] LDSP pp. 55/61

 

[49] LDSP pp.62/71

 

[50] LDSP pp. 77/79

[51] Una sintesi di tali reazioni è in P. MI, "Cities...", cit., p.350

 

[52] V. B. Buckle, "London Docklands, cit., p. 20

 

[53] Il costo degli interventi previsti è stato stimato in 2.100 mil. di sterline 1980 da parte dei settore pubblico e in 1.500 mil. di sterline 1980 da parte del settore privato(V. B. Buckle, "London Docklands,...", cit., p. 19 )

 

[54] V. B. Buckle, "London Docklands,...", cit., pp.23- 25.

 

[55] Ad es. è vietata la pubblicità entro i confini nazionali dei vantaggi offerti ad attività industriali e commerciali da localizzazioni entro la Grande Londra (V. B. Buckle,

   "London Docklands,    cit., p. 26).

 

[56] P. Hall, introducendo il capitolo "The City of Enterprise" del suo ultimo volume così. sintetizza le vicende del planning movement negli ultimi venti anni " Sometime, during the 1970's, the city planning movement began to turn upside down and inside out; during the 1980's, it seemed at times almost on the point of self- destruction. Conventional planning, the use of plans and regulations to guide the use of land, seemed more and more discredited. Instead, planning turned from regulating urban growth, to encouraging it by any and every possible means" (P.Hall, "Cities ... ... cit, p. 343).

[57] V G. C. Cameron, "First Steps in Urban Policy Evaluation in the United Kingdom”, in Urban Studies, vol  27, n. 4, 1990; significativa anche, in proposito, la dinamica della spesa pubblica per l'Urban Programme dal 1978/79 riportata nella tab. 2

 

[58] Local Government, Planning and Land Act 1980, s 135.

[59] Ivi, S. 136.

[60] Ivi, s 141- 146.

[61] Ivi, S 149.

[62] Ivi, s 151

[63] Ivi, s 153

[64] Ivi, s 159. Fino al 1988 tuttavia, le funzioni di cui alle s. 151,153,159, non sono mai state trasferite.

[65] Sugli attuali poteri delle EZ v.Doe,"Doe Inner City Programmes 1987- 88, a Report on Achievements and Developments", London, 1989, pp. 40 sgg.

[66] In sintesi i benefici, di durata decennale, che un'impresa può ottenere localizzandosi in una EZ sono: esenzione dalle tasse sulla proprietà e sugli investimenti; esenzione dagli obblighi di formazione del personale e di informazione agli Industrial Trairiffig Boards; semplificazione dei regime di piano (per gli impianti conformi al programma pubblico di sviluppo dell'area ed inferiori a determinate soglie dimensionali e di altezza non è richiesta una individual “planning permission"; i controlli sono semplificati e accelerati, ed è accelerato anche il rilascio delle "planning permission" per le iniziative maggiori); priorità per la concessione di incentivi; semplificazione delle richieste di informazioni statistiche (v. DOE, "Doe inner city..." cit, p. 40).

 

[67] Sull'argomento v. il testo di M. Talia in questo stesso volume; una sintesi dei provvedimenti di "deregulation" effettuati nel corso degli anni '80 è in L. Guerrini, I. Pederiva, 'La Gran Bretagna: il rinnovo urbano come rivitalizzazione economica” IUAV- DAESt, Venezia, 1990.

 

[68] Una delle numerose ironie della storia rintracciabili nella politica urbana del Tatcherismo consiste nel fatto che, mentre nel secondo dopoguerra la proposta di istituire, scavalcando gli enti locali, le New Town Corporations fu lanciata ed attuata da governi laburisti e fieramente avversata dalla opposizione conservatrice, ora è il partito conservatore a proporre le UDC, che per molti aspetti ripropongono la concezione delle New Town Corporations, ed i laburisti ad opporsi (v. P. Hall, "Cties..." cit. p. 358). Le prime due UDC ad essere istituite, nel 1981, sono quella dei Docklands londinesi e quella di Merseyside (Liverpool); ad esse hanno fatto seguito altre nove UDC, come illustrato nel seguente prospetto:

URBAN DEVELOPMENT CORPORATIONS

                                      Estensione area            Data di

                                     competenza (UDA)   istituzione

Merseyside DC                                         960 HA        25/03/91

London Docklands                     2070 HA                02/07/81

Trafford Park DC                       1267 HA               10/02/87

Cardiff Bay DC                                --                      03/04/87

Black Country DC                      2598 HA               15/05/87

Teesside DC                               4565 HA               15/05/87

Tyne and Wear DC                     2375 HA               15/05/87

Centra] Manchester DC               180 HA                30/06/88

Leeds DC                                     540 HA               30/06/88

Sheffleld                                       900 HA               30/06/88

Bristol DC                                    360 HA               19/01/89

 

Fonte: Department of Environment

 

[69] A tutt'oggi sono state costituite 25 EZ (17 in Inghilterra, tre nel Galles, tre in Scozia e due nell'Irlanda del Nord), undici tra il giugno 1981 e l'aprile 1982 (prima generazione) e quattordici tra il luglio 1983 e l'aprile 1984 (seconda generazione). La dimensione delle aree varia tra un minimo di 48 ha e un massimo di 440. I nuovi posti di lavoro localizzati al loro intemo fino al 1986 son circa 27mila (v. DOE, "DOE Inner city..." cit, ivi). Una sintesi della esperienza delle EZ è in R. Paloscia, "Le Enterprise Zones” in R. Innocenti e R. Paloscia (a cura di), "La riqualificazione delle aree metropolitane", Milano, 1990.

 

[70] Lestensione della UDA, sensibilmente inferiore a quella individuata dal London Docklands Study Team e dallo Strategic Plan, è pari a circa 2.000 ha, 200 dei quali costituiti dagli specchi d'acqua dei bacini; dei restanti 1.800 ha, circa 1.000 risultano in stato di abbandono e necessitano di opere di risanamento e urbanizzazione.

 

[71] Si tratta in particolare di Southwark, Tower Hamlets e Newham Onforni DOE).

 

[72] V. M. Folin, “Filling” cit.,p.121.

 

[73] V G. C. Cameron, Tirst Steps ..." cit., p. 476

 

[74] Su tale capacità, v. fra l'altro, G.C. Cameron, "First steps cit. pp.483 sgg.

 

[75] V. LDDC, "Isle of Dogs - Enterprise Zone", London,sett. 1987.

 

[76] V.precedente nota 56.

 

[77] LDDC, "Report and Accounts 1988/89” London, 1989, p.3.

 

[78] Ivi; v. anche LDDC, "Corporate Plan 1989” London, 1989, p.3.

 

[79] Non senza motivo al Department of Environment si osserva che con un leverage ratio di questo livello vi è da chiedersi che necessità ci sia, oggi, di un sostegno economico pubblico alla LDDC.

 

[80] LDDC, "Corporate PIan/ April 1986” Appendix V

 

[81] V. M. Folin, 'Filling” cit., p120 e sgg

 

[82] LDDC, "Corporate Plan..." cit., ivi

 

[83] I motivi specifici di tale politica sono così enunciati: spesso i tempi di iniziativa dei proprietari privati sono incongrui alla rapidità con cui LDDC intende realizzare la ricostruzione; l'acquisto tempestivo delle aree, prima che queste si valorizzino in seguito agli investimenti, e la loro successiva cessione (in “leaseholding") consente alla LDDC di realizzare utili che essa può reinvestire nella ricostruzione; molte aree ancora di proprietà privata sono "congelate" a motivo della attesa dei proprietari di nuovi sviluppi; in molti casi il costo delle opere di urbanizzazione o simili (ad esempio le opere di difesa dal fiume) è tale da scoraggiare preventivamente i proprietari privati (ivi, p. 44).

 

[84] Per accelerare il processo realizzativo e controllare meglio il Developer, la Corporation ha introdotto contratti a due stadi: nel primo al Developer è concesso di entrare nell'area, in base ad un "Building Agreement", al solo fine di realizzare l'opera; nel secondo stadio, reso operativo solo una volta completata l'opera e pagate le penali per eventuali ritardi, viene concessa al Developer la gestione per il periodo definito dal contratto di “leaseholding" (ivi, p. 46).

[85] Nella zona di Wapping, ad es. il prezzo dei terreni si è decuplicato tra il 1983 e il 1986 (ivi, p. 49); nell'Isle of Dogs lo stesso risultato si sarebbe verificato, per i terreni destinati a residenza, tra il 1982 e il 1987 (v. G. Ronzani, "Docklands cit. p. 111).

 

[86] LDDC, "Royal Victoria (South) and Tharnes Barriers Lands- interimi Master Plan and Development Frarnework” luglio 1989, PA.

 

[87] LDDC, "Corporate Plan                cit., p. 31.

[88] LDDC "Royal Victoria..." cit.

 

[89] ivi  p.g.

[90] Una delle numerose critiche al progetto, peraltro sottoposto a numerosissime modifiche prima dell'apertura dei cantieri nel 1989, è quella di essere sovradimensionato e con torri troppo alte e massicce, "più adatte a New York che ad una città europea" (v. D. Robson, "Canary Wharf" in The Planner, vol.76, n.40, ottobre 1990)

 

[91] Nella sua versione finale il progetto prevede due fasi, la prima delle quali dovrebbe essere completata a fine 1991 e la seconda entro il 1996; la prima include il grattacielo, il più alto finora costruito in Inghilterra(prog. C. Pelli) e darà luogo a 500mila mq lordi di uffici. Con il completamento della seconda gli impiegati nell'intero complesso dovrebbero arrivare a 60.000.

 

[92] Il 45% di quelli realizzati su terreni della LDDC è stato acquistato da famiglie che già risiedevano nell'area

 

[93] Questi valori suggeriscono qualche considerazione comparativa: l'investimento pubblico per la ristrutturazione dei Docklands, al netto del valore delle aree già di proprietà pubblica e trasferite alla LDDC, è stato pari dal 1981 al 1989 a poco più di 1.000 miliardi di lire 1989. Per avere qualche termine di confronto si può osservare che nel corso di un solo anno (1988/89) l'insieme delle politiche urbane inglesi (Action for Cities) è stato finanziato per l'equivalente di circa 6mila miliardi di lire; un quinto circa di tale importo (1.200 miliardi) è stato gestito dal DOE per i programmi di sua competenza (v. tab.3.) tra i quali le undici UDC, che hanno ricevuto nel corso dello stesso anno circa 400 miliardi.

Tab. 3 - Quadro delle risorse destinate ad "Action for Cities” England (milioni di sterline)

 

LINEE DI INTERVENTO                            RISORSE

                                                                      1988/89 1989/90

 

- Estate action: involving tenants in ma­

   nagement of their horne and impro­

   ving thern                                                          140     190

- Funding for Housing Associations                   

   through Housing Corporation and

   through local authorities                                   450     520

- Training: programmes to encourage

   enterprise (including support for small

   firms) and to help people back into

   work (Employment Department)                    1000     1240     

- Support for inner city business

   including Regional Selective Assi­-

   stance, investment and úinovation

   grants for smali firnis and English

   Estates                                                               200                200

- Derelict Land Reclarnation (DOE)               25     24

- Urban Programme including City

   Grant (DOE)                                                     314    307

- Urban Development Corporations

   (DOE)                                                               203     268

- Task Forces, City Action Teams

   (DOE)                                                                 21       25                 

- Safer Cíties                                                           -          4

- Roads (DTp progranune and TSG                       

   supported local authority roads)                      250      300

   Housing Action Trusts                                        5        68

   City Technology Colleges                                 19        35

   Total                                                               2727    3182

 

Fonte: Department of Environinent

 

Il confronto di questi valori con quelli, ad esempio, relativi agli stanziamenti previsti dalle recenti leggi italiane per la "riqualificazione" di alcune grandi città (Roma, Venezia, Palermo, Catania, Reggio Calabria) è molto istruttivo: non solo perchè l'entità degli investimenti pubblici è, in Italia, mediamente superiore, e talvolta anche di molto; ma soprattutto perchè a tale entità non fa riscontro, di norma, alcun criterio oggettivo di valutazione degli effetti moltiplicativi che ci si possono attendere da tali investimenti. Ciò sia sotto il profilo economico- finanziario, sia sotto quello più strettamente urbanistico, con conseguenze che ognuno può valutare.

 

[94] Tale fiducia non sembra intaccata, tra la fine del 1989 e i primi mesi del 1990, da alcuni segnali di crisi di domanda nel mercato dell'edilizia terziaria dell'area londinese; la LDDC ritiene che i prezzi di offerta praticati, o praticabili, dai "developers" dei Docklands restino co­munque competitivi. E' inoltre probabile che la dimen­sione degli investimenti realizzati sia ormai tale da escludere la eventualità di una crisi reale della operazione; sono viceversa senz'altro possibili aggiustamenti nelle previsioni dei tempi di completamento degli interventi, aggiustainenti finalizzati a "tenere sotto controllo" gli effetti delle oscillazioni cicliche del mercato.

 

[95] V. in proposito il dibattito ospitato in The Planner, vol.76, n.40, ottobre 1990

 

[96] V. D. Robson, cit., p.10.

 

[97] V. in proposito il dossier pubblicato in "Costruire", n. 87, settembre 1990.

 

[98] V Buckle, "I- ondon Docklands                cit., pp.26- 27

[99] V. M.Folin, "Filling", cit., p.125

 

RIFERIMENTI ICONOGRAFICI

 

(a) London, 2000 years of a city & its people, 1974

 

(b) LDDC, Annua] Review, 1986/87

 

(c) T. Barker, Docklands: origins and earlier history, 1986

 

(d) London Docklands Study Team, Rebuilding Docklands, 1976

 

(e) Docklands joint comn- úttee, London Docklands Strategic Plan, 1976

 

(f)Docklands joint committec, London Docklands Strategic Plan, 1976

 

(g) Department of Environment, DOE Inner City Programmes, 1987/88

 

(h) LDDC, Corporate Plan, 1989

 

(i) LJDDC, Royal Victoria Dock (South) and Thames Barrier Lands, 1989

 

(1) LDDC, London Dockland Review, 1985/86

 

(m) The Planner, 12/10/1990